Guerra, prezzi e banche centrali: il 2022 delle Borse è stato un inferno

Sotto i colpi dell'inflazione, della guerra in Ucraina e della recrudescenza della pandemia, si chiude uno degli anni peggiori per le borse mondiali. E l'ultima giornata di contrattazioni del 2022 ha confermato il trend. Se giovedì le borse mondiali erano salite sulla base delle aspettative di una Fed meno intransigente nella lotta all'inflazione, soprattutto a causa dell'aumento delle richieste di sussidi perla disoccupazione, ieri hanno decisamente virato in negativo, spaventate dal dilagare del Covid in Cina. Sulla scia dell'avvio in rosso di Wall Street, anche i listini europei hanno annaspato con Londra che ha chiuso a -0,81%, Parigi a -1,52% e Francoforte a -1,56%. Piazza Affari le ha seguite, con l'indice Ftse Mib che ha perso l'1,45%, attestandosi a 23.706 punti. Per il mercato azionario, il 2022 è stato insomma un anno da dimenticare. Negli Stati Uniti, il Dow Jones ha registrato un rosso del 9,2%, l'S&P 500 del 19,24% e il Nasdaq del 33,8%. Si tratta dell'anno peggiore dal 2008.

Ma anche per l'Italia il 2022 è stato un Annus horribilis. Stando ai dati di Borsa, il Ftse Mib ha lasciato sul terreno oltre il 13,3% dalla fine del 2021. Si tratta della peggiore performance dal 2018, quando l'indice era calato del 16,1%. La capitalizzazione complessiva delle società quotate è così calata a 626,2 miliardi di euro dai 769,3 miliardi del 30 dicembre 2021 (-18,6%). Scende, di conseguenza, anche il peso dei listini azionari rispetto al Pil, che passa dal 43,1 al 33,9%. Per quanto riguarda i singoli titoli, grazie agli incrementi dei prezzi dell'energia, hanno registrato una buona performance Eni (+10,63%) ed Erg (+3,18%), mentre Saipem (-75,73%) ha scontato il maxi aumento di capitale realizzato quest' estate. Sempre nel settore energetico, da segnalare Tenaris che ha invece guadagnato il 77%, confermandosi la migliore tra le Blue Chips, le 40 società più grandi quotate.

DIFESA E TLC
La guerra in Ucraina ha poi spinto il comparto della difesa, con Leonardo che ha registrato un +29,19%. Questo mentre le incertezze sul futuro di Tim hanno affossato il titolo della tlc, che ha perso il 48,78%. Ma cosa aspettarsi dal 2023? Se l'evoluzione della guerra in Ucraina è ancora avvolta nella nebbia e la recrudescenza del Covid in Cina mette a repentaglio la crescita economica mondiale, va meglio sul fronte dell'energia, uno dei tasti più dolenti, almeno per i Paesi Ue, di questo 2022. Durante gli ultimi mesi, infatti, le quotazioni si sono raffreddate, dando un po' di respiro agli operatori. Per quanto riguarda il petrolio, il Brent, che alla fine di giugno aveva sfondato i 115 dollari, si attesta poco sopra gli 83 dollari. Il gas, invece, ripiega a 75 euro al megawattora. Dopo i picchi oltre i 300 euro toccati ad agosto, a dicembre si registra una caduta delle quotazioni del 48% e il bilancio 2022 si chiude con un modesto incremento dell'8%, anche grazie all'accordo raggiunto in sede europea sul price cap e alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento.

LE PREVISIONI DEI FONDI
Insomma, il 2023 raccoglie un'eredità fatta di luci e ombre. Anche se nelle aspettative dei 46 gestori di fondi intervistati da MF-Milano Finanza prevale l'ottimismo: «sui mercati si prevede la ripresa dopo le forti perdite dell'anno borsistico appena chiuso. Quasi il 65% degli intervistati si attende un rimbalzo di Piazza Affari». Ma di quanto sarà il rimbalzo dell'azionario italiano? Qui le opinioni divergono. Tra i gestori che si aspettano una crescita di Piazza Affari, un terzo stima un rialzo superiore del 10%, mentre gli altri si limitano a un incremento più cauto compreso tra il 5 e il 10%. Certo, la recessione è data ormai per scontata, ma l'impatto, per quasi tutti gli esperti sondati, sarà lieve sia in Europa che negli Stati Uniti. «Un atterraggio morbido», in altre parole. La scommessa è che le banche centrali saranno costrette a tagliare i tassi, o almeno a frenare sulla strada dei rialzi. Tutto, ovviamente dipenderà dall'inflazione. Sulla crescita dei prezzi Usa il consenso è quasi unanime: i rincari saranno compresi tra il 3 e il 5%. Più controverso, e più difficile, fare invece previsioni sull'Eurozona. Per il 38,2% degli esperti contattati da MF l'inflazione non abbasserà la testa nel 2023: le aspettative sono per una crescita del 5-10%. I gestori sono divisi a metà tra chi ritiene che la Fed smetterà di alzare i tassi già nel primo trimestre e chi invece pensa che lo farà nel secondo. Per l'area euro, soltanto uno su cinque (20%) si attende che le strette della Bce possano continuare per tutto il 2023, mentre la maggioranza ritiene probabile uno stop dei rialzi nel corso dell'anno.