l'ultima frontiera
Auto, la rivoluzione dell'olio di ricino: forse già dal 2023...
All'ultimo Consiglio energia della Ue, quello del 27 e 28 giugno, pur uscendo complessivamente sconfitta sulla partita più importante, la data dello stop ai motori a benzina e diesel, confermata al 2035, l'Italia è riuscita in zona Cesarini a far passare la «pari dignità alle diverse fonti rinnovabili» appellandosi al principio della neutralità tecnologica, ovvero che l'importante è raggiungere l'obiettivo dell'azzeramento delle emissioni, con qualunque mezzo ci si arrivi. È qui che entrano in gioco i biocarburanti che, come ha spiegato il ministro della Transizione ecologica, «vengono prodotti con tecnologie molto innovative e possono essere trasformati in una sorta di diesel sintetico che produce sul ciclo di vita dal 60 al 90% in meno di anidride carbonica ed è perfettamente compatibile con i motori attuali». Non che la strada sia facile, intendiamoci. La concessione di Bruxelles è vincolata al rispetto di rigidi paletti, come quello di dimostrare entro il 2026 che l'alternativa dei biocombustibili sia percorribile e compatibile con gli biettivi fissati di riduzione delle emissioni. Insomma, ci sarà da battagliare ancora. Ma è comunque una speranza per il settore dell'automotive, in particolare quello italiano, che rischia di finire gambe all'aria con la messa la bando troppo frettolosa dei motori termici.
RACCOLTA E SPREMITURA
Ad alimentare tale speranza sta lavorando anche l'Eni, che ieri ha annunciato un importante risultato raggiunto in Kenya. Il Cane a sei zampe ha infatti completato la costruzione dello stabilimento per la raccolta e spremitura di semi oleaginosi (agri-hub) a Makueni e avviato la produzione del primo olio vegetale per le bio-raffinerie. L'agri-hub lavorerà semi di ricino, di croton e di cotone per estrarre olio vegetale. Si tratta di materie prime sostenibili, agri-feedstock che non sono in competizione con la filiera alimentare perché provenienti da coltivazioni resistenti all'aridità e adatte a crescere su terreni degradati. Nell'impianto, inoltre, si produrranno mangimi e bio-fertilizzanti, a beneficio delle produzioni zootecniche e alimentari, fornendo un contributo alla sicurezza alimentare. «Questo progetto incarna tutti i pilastri dell'approccio di Eni alla sostenibilità. La neutralità carbonica, perché la bio-raffinazione è un elemento importante nel nostro percorso verso le zero emissioni al 2050. L'eccellenza operativa, perché abbiamo concluso i lavori nei tempi previsti, a un anno dall'accordo con il governo kenyota e a sei mesi dall'avvio del cantiere, in totale sicurezza con più di 200mila ore lavorate senza alcun incidente. Lo sviluppo sociale, con benefici in termini occupazionali: abbiamo coinvolto 25mila agricoltori e impiegato fino a 200 persone al giorno nella costruzione del centro. Nel nostro modello di integrazione verticale la coltivazione dei semi è demandata agli agricoltori locali in modo da promuovere l'accesso al mercato garantendo l'accesso alla terra», ha detto l'ad dell'Eni, Claudio Descalzi.
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STANDARD SOSTENIBILI
Il primo agri-hub avrà una capacità installata pari a 15mila tonnellate con una produzione prevista nel 2022 di 2.500 tonnellate. Il progetto prevede anche la realizzazione di un secondo impianto che consentirà di raggiungere nel 2023 una capacità complessiva di 30mila tonnellate all'anno di olio vegetale. Il tutto prodotto secondo i rigidissimi protocolli della Ue. Eni Kenya, la sua filiera e tutti gli agri-feedstock sviluppati sono infatti stati certificati secondo lo schema di sostenibilità ISCC-EU (International Sustainability and Carbon Certification), uno dei principali standard volontari riconosciuti dalla Commissione europea per la certificazione di biocarburanti (RED II). In particolare, Eni è la prima azienda al mondo a certificare il ricino e il croton ad uso biocarburanti sotto lo schema ISCC-EU e ha permesso per la prima volta anche a un cotonificio africano di raggiungere tali standard certificativi. L'operazione in Kenya rappresenta il primo passo per le iniziative nella catena agro-industriale di Eni. Nel corso dell'ultimo anno sono stati firmati accordi in diversi Paesi tra cui Congo, Mozambico, Angola, Costa d'Avorio, Benin, Kazakistan e Ruanda. Per questi Paesi, così come per l'Italia, sono stati avviati studi di fattibilità con l'obiettivo di condurre una prima fase di attività agricola a partire dal 2022 per poi procedere con la costruzione di impianti per la bio-raffinazione.