Verso il razionamento
Gas, Italia ko: di quanto taglia le forniture il Cremlino, le conseguenze
Nessuno ha il coraggio di fare il primo passo, ma il razionamento è dietro l'angolo. Si tratta solo di capire quando. Tutti i ministri riuniti ieri all'Eurogruppo lo hanno di fatto ammesso, facendo capire che l'Europa si sta preparando al peggio. «Uno stop totale delle forniture non è uno scenario di base, ma è un rischio che non possiamo nemmeno escludere. Ci stiamo preparando a questa eventualità sia a livello Ue che di Stati membri», ha sintetizzato il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis. Persino il nostro Roberto Cingolani ieri ha lasciato trasparire le prime crepe. Per carità, siamo ancora in preallerta e le riduzioni di gas (ieri un'altra sforbiciata) sono «marginali». Però poi il ministro della Transizione ecologica ha annunciato a stretto giro una nuova "pubblicità progresso". Oggetto della comunicazione, manco a dirlo, «suggerimenti di comportamento e di sobrietà nell'uso delle risorse». L'acqua, ma soprattutto l'energia. Perché, ha spiegato Cingolani, «se regolassimo meglio gli orari del riscaldamento, riducendoli di un'ora, o abbassassimo la temperatura di un grado risparmieremmo 1,5-2 miliardi di metri cubi di gas all'anno». Una quota che può essere preziosa per superare il prossimo inverno che, ha ammesso il ministro, «è quello un pochino più delicato».
LUNEDÌ NERO
Del resto, ll lunedì nero dell'energia per l'Europa è iniziato nel peggiore dei modi, segnando, forse, una nuova tappa nella guerra del gas del Cremlino. Se il blocco del gasdotto che porta metano alla Germania dall'11 al 21 luglio (il Nord Stream) era stato annunciato per «manutenzioni programmate», non lo sono invece le riduzioni, rispettivamente di un terzo e del 70%, decise ieri da Gazprom per Roma (circa 21 milioni di metri cubi rispetto a una media degli ultimi giorni pari a circa 32 milioni) e Vienna. «Sono dodici i Paesi membri finora direttamente interessati dai tagli. La situazione è serissima, siamo preparati ad ogni scenario», hanno fatto sapere dalla Commissione Ue, poco prima che cominciasse la riunione dell'Eurogruppo. Una riunione da cui è trapelato il solito scenario: grande caos sulla risposta comune da dare. La Ue ha già fatto sapere che il 20 luglio varerà un piano per l'emergenza in vista dell'inverno. il principio che Bruxelles vorrebbe raccomandare è quello di dare gas a chine ha bisogno sfruttando la reversibilità direzionale di buona parte dei gasdotti europei. L'Italia (ma anche la Spagna), secondo questo principio delle quote energetiche, si configurerebbe paradossalmente come potenziale Paese donatore. Del tetto al prezzo del gas non c'è ovviamente traccia. «Nessuna proposta è sul tavolo», ha detto Paolo Gentiloni, gelando le speranze di Mario Draghi, che sul punto batte da mesi pensando di avere fatto passi in avanti. Della misura, comunque, si parlerà al Consiglio straordinario dei ministri dell'Energia del 26 luglio.
IL PREZZO NON SALE
La sorpresa di ieri è che la chiusura del Nord Stream e gli ulteriori tagli non hanno fatto schizzare il prezzo del gas. La borsa di Amsterdam ha aperto con un crollo del 12%, per poi assestarsi al -7%, a 163 euro al megawattora. Poi, dopo un rialzo fino a 171 euro, la chiusura a 164. Un mistero che si può spiegare da una parte con il fatto che il mercato aveva già anticipato le cattive notizie (il prezzo è salito di circa 100 euro in un mese) dall'altra con la decisione del Canada di consegnare alla Germania la turbina necessaria a far riprendere i flussi dei gasdotti russi. Nell'attesa, in Italia il tam tam del razionamento non si arresta. Il piano per l'austerity partirebbe dai consumi domestici (due gradi in meno, spegnimento dei riscaldamenti di notte) che permetterebbe di risparmiare fino al 20% del gas importato dalla Russia. Ulteriori quote potrebbero arrivare da interventi amministrativi sugli orari degli uffici pubblici, la chiusura anticipata dei negozi alle 19 e il coprifuoco alle 23 per i locali. Se queste misure non dovessero essere sufficienti l'intervento si allargherebbe alle industrie, partendo dagli energivori, che ottengono energia a prezzi ridotti accettando di essere interrotti in caso di necessità.