Cosa ci aspetta
Nucleare pulito e autosuficcienza energetica, parliamone in concreto: l'analisi dell'imprenditore Andrea Pasini
L’annuncio del presidente francese Macron sul ritorno al nucleare in Francia ha riaperto un interessante dibattito nel nostro Paese. Mentre i nostri vicini si preparano a costruire sei centrali, l’Italia resta a guardare. Durante l’incontro Cop26, il nostro governo non si è espresso in merito all’energia dell’atomo. Germania, Austria, Lussemburgo, Portogallo, Danimarca, Irlanda e Spagna hanno invece preso posizione e sottoscritto una dichiarazione contro l’inserimento del nucleare nella tassonomia Ue.
La mancata firma da parte del nostro Paese ha aperto un aspro dibattito. Secondo Europa Verde, potrebbe esistere un accordo tra Italia e Francia per consentire al nucleare di essere considerato un investimento sostenibile in cambio dell’inserimento del gas, principale fonte di energia per l’Italia. Il leader della Lega, Matteo Salvini, ha risposto sul tema dichiarando riguardo al nucleare di ultima generazione: «l’energia più pulita, meno costosa, meno impattate, più green e sicura al mondo». Il Ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti durante l’ultima visita in America ha dichiarato: «Bisogna cominciare a discutere di nucleare pulito. E' un tema che si dovrà porre se si vuole puntare all'obiettivo dell'autosufficienza dal punto di vista energetico». Anche il ministro della Transazione economica Cingolani, ospite di Italia Viva ha rilanciato il nucleare di quarta generazione. E ha mitragliato contro l'ecologismo becero in stile grillino : «Il mondo è pieno di ambientalisti radical chic ed è pieno di ambientalisti oltranzisti, ideologici: loro sono peggio della catastrofe climatica verso la quale andiamo sparati, se non facciamo qualcosa di sensato. Sono parte del problema». Io sono Andrea Pasini un imprenditore di Trezzano Sul Naviglio e credo che se realmente si vuole andare nella direzione dell’autosufficienza energetica nel nostro paese la strada maestra sia con estrema urgenza investire costruendo centrali nucleari di ultima generazione che producano energia pulita.
La scelta dell’Italia di abbandonare il nucleare risale all’8 e 9 novembre 1987, poco meno di un anno dopo il disastro di Chernobyl. Per l’occasione si andò alle urne per votare cinque referendum abrogativi, di cui tre riguardavano la situazione del nucleare in Italia, dove al momento erano presenti quattro piccole centrali. I tre quesiti proposti riguardavano normative relative alla localizzazione degli impianti, all’abrogazione delle compensazioni agli enti locali che ospitavano centrali (anche a carbone) e al divieto all’Enel, allora azienda di Stato, di partecipare a progetti nucleari, anche all’estero. I «sì» al referendum passarono in tutti e tre i casi con più del 70% dei voti.
Il risultato di quel referendum è sicuramente legato al periodo storico che si stava vivendo. Molti degli italiani che votarono per il «sì» lo fecero sulla base di informazioni sommarie e a volte distorte. L’incidente di Three Mile Island avvenuto nel 1979 aveva scosso profondamente gli animi, nonostante l’assenza di vittime, il disastro di Chernobyl aveva poi portato i cittadini a modificare le loro abitudini di vita, come rinunciare al consumo di verdura e latte, per paura della nube radioattiva che viaggiava sui cieli europei. La paura aveva vinto su qualsiasi lungimirante punto di vista. Tutti volevano che le centrali venissero dismesse, ma nessuno pensava ai cambiamenti che avrebbe subito la nostra politica, ora costretta ad andare all’estero per approvvigionarsi dell’energia necessaria pagando fior fior di quattrini pubblici.
Sorprende come, ancora oggi, certe ideologie siano radicate nella nostra società e come parlare di nucleare sia considerato quasi un affronto al buonsenso. Nell’Unione Europea ben 13 stati utilizzano l’energia atomica. Primo tra tutti la Francia con 56 impianti attivi sul territorio…