A volte...
Redditometro, il ritorno della trappola: ecco come il Fisco ti spia, quali sono gli evasori che non hanno più scampo
Bollette, telefonini, gioielli, centri benessere, polizze, viaggi, medicine e qualsiasi altra cosa vi venga in mente. Il fisco tornerà a spiare i nostri consumi per vedere se siamo dei bravi contribuenti. Se gli acquisti non corrisponderanno ai redditi dichiarati all'erario (basta uno scostamento del 20%) scatteranno controlli e accertamenti. Il vecchio redditometro che era stato messo nel congelatore nel 2018 (una delle poche cose buone contenute nel decreto dignità) è rispuntato a sorpresa con un decreto attuativo del ministero dell'Economia messo in questi giorni in consultazione fino al 15 luglio per raccogliere i suggerimenti di operatori e categorie. Dopodiché, la norma diventerà operativa e inizierà ad essere applicata a partire dall'anno di imposta 2016.
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Dobbiamo ammetterlo, lo strumento diabolico con cui l'Agenzia delle entrate ricostruisce sulla base dei consumi la nostra "capacità contributiva" un po' ci mancava. Basta col fisco amico che ci aiuta e ci coccola. In attesa della riforma annunciata dal governo per semplificare, modernizzare e, si spera, alleggerire, il sistema tributario, a Via XX Settembre hanno pensato di rispolverare il vecchio armamentario fatto di accertamenti sintetici, presunzioni e inversioni dell'onere della prova. Eh sì, perché il redditometro (malgrado una serie di aggiustamenti introdotti nella nuova versione) è tutt' altro che un meccanismo scientifico. Certo, sulla carta si propone di calcolare lo scostamento tra le spese veramente effettuate e i guadagni su cui paghiamo i balzelli. Nella realtà, però, considerato anche che circa il 70% delle transazioni viene effettuato ancora in contanti e che non tutto è recuperabile attraverso i dati dell'anagrafe tributaria, per realizzare «la ricostruzione induttiva del reddito complessivo» la legge prevede anche la possibilità di "ipotizzare" i consumi.
In che modo? Principalmente sulla base delle statistiche dell'Istat contenute nell'indagine annuale sulle famiglie. Ma anche prendendo a riferimento studi socio-economici di settore. Insomma, se il fisco non riesce ad individuare esattamente quanti soldi avete sborsato per comprare una borsa, delle medicine o la racchetta nuova, prende un'analisi di mercato e vi attribuisce la spesa media di un contribuente che abbia più o meno (ci sono 55 tipologie di famiglie tipo) le vostre stesse caratteristiche anagrafiche, sociali e geografiche. Per quanto riguarda il cibo, l'energia, i vestiti e tutti i beni di prima necessità si può, invece, usare l'ammontare calcolato dall'Istat quale spesa minima necessaria per posizionarsi al limite della cosiddetta soglia di povertà assoluta. Comodo no? Il metodo ricorda un po' il pollo di Trilussa, ma permette di incastrare i contribuenti senza troppi sforzi. Anche perché se finiamo nella tagliola siamo noi a dover dimostrare che il fisco ha torto, certificando le nostre uscite reali o dimostrando che per gli acquisti abbiamo utilizzato il regalo della nonna o i risparmi accumulati in una vita.
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Non avete fatto firmare la ricevuta al parente che vi ha donato dei soldi? Non avete registrato mese per mese su un taccuino i 100 euro che avete messo da parte? Sono guai grossi. Certo, si tratta di sacrifici necessari a pizzicare i furbetti, ad incastrare gli evasori. Epperò il dubbio che alla fine siano sempre gli stessi a pagare (e a sopportare le vessazioni del fisco) resta. Ieri il direttore dell'Agenzia delle entrate, Ernesto Maria Ruffini, ha spiegato che l'evasione fiscale è «un'indecenza da estirpare». Giusto. Subito dopo, però, ha anche detto che «è necessaria, urgentemente, una riforma della riscossione perché questa rende credibile l'attività di accertamento». I numeri fanno impressione. Oltre ai mille miliardi di arretrati accumulati dal 2000, Ruffini ha sottolineato che in cassa entrano ogni anno circa 9 miliardi sui 90 da riscuotere. Se continua così, ha ammesso, «Agenzia delle entrate e Guardia di Finanza non potranno mai sconfiggere l'evasione fiscale». Ma allora perché devono venire a ficcare il naso nella nostra vita, accusandoci di aver speso soldi che esistono solo nelle statistiche dell'Istat?