Italia rovinata?

Confindustria, lo studio-ghigliottina sull'Italia: "Recessione, aumento Iva, deficit e tasse". Come moriremo

Giulio Bucchi

"Il Governo ha ipotecato i conti pubblici e non ci sono scelte indolori". Il Centro Studi di Confindustria certifica di che morte moriremo nel 2020, spiegando che il governo di Lega e M5s si troverà davanti a un bivio devastante: da una parte il "rincaro dell'Iva", per annullare il quale servirebbero 32 miliardi di euro da sottrarre alla crescita, e dall'altro "far salire il deficit pubblico al 3,5%". Una prospettiva agghiacciante, perché con sé porterebbe ripercussioni pesantissime su spread e titoli di Stato. In ogni caso, spiega ancora l'Associazione degli industriali, appare "inevitabile un aumento delle tasse". "L'Italia - dice il capo-economista di Confindustria Andrea Montanino - deve evitare di andare oltre il 3% nel rapporto deficit-Pil: sarebbe un segnale molto negativo per i mercati. Il fatto che lo spread non si è richiuso significa che continuiamo ad essere un paese sotto osservazione. Verremmo puniti dai mercati". Leggi anche: "Fanno la patrimoniale". Conte, è una intercettazione devastante: Italia rovinata Duro anche il giudizio politico sulle due misure-bandiera dell'ultima finanziaria: "Il reddito di cittadinanza e Quota 100 daranno un contributo esiguo alla crescita economica" concentrato nel 2019 ma, "queste due misure, realizzate a deficit, hanno contribuito al rialzo dei tassi sovrani e al calo della fiducia, con un impatto negativo sulla crescita". Peggio di così, insomma, non si potrebbe.  Sul tema occupazione, nel 2019 "per ora non si vede una inversione di tendenza nei contratti", i lavoratori dipendenti "sono tendenzialmente fermi, c'è un calo del lavoro a termine ma non è ancora compensato dai contratti a tempo determinato". Nel 2019-2020 la recessione sarà evitata solo grazie all'export, che è legato però a doppio filo con i guai dei nostri partner commerciali, a cominciare dalla Germania visto che "in 7 regioni italiane l'export di beni verso il mercato tedesco vale più del 24% del valore aggiunto manifatturiero". Se rallenta Berlino, crolla l'Italia.