Flusso di danaro
Autonomia, al Sud Italia uno stipendio su due lo paghiamo noi
Quando c' è da mangiare a spese dello Stato in Italia non si tira indietro nessuno. Per avere un' idea di quanti quattrini pubblici ogni anno vengano distribuiti sul territorio, in attesa che il reddito di cittadinanza faccia lievitare a dismisura la torta, basta sfogliare il dettagliato rapportone sulla spesa regionalizzata che la Ragioneria generale compila periodicamente con pazienza certosina. Nell' elenco ci sono i costi della produzione dei servizi locali, ma anche i flussi monetari sotto forma di trasferimenti ad enti, operatori, associazioni, imprese e famiglie. E già così si tratta di una bella sommetta. Il totale nel 2016 (ultimo anno disponibile) ammontava a 225 miliardi. Se a questo aggiungiamo la montagna di quattrini che esce dalle casse dell' Inps, i fondi comunitari e le erogazioni di altri enti si arriva alla modica cifra di 565 miliardi. Valore che rappresenta oltre i due terzi della spesa pubblica complessiva, di circa 830 miliardi, che comprende anche gli interessi sul debito e la quota di esborsi non regionalizzata. Alla mangiatoia, ovviamente, si cibano tutti. Senza troppi complimenti. Se mettiamo a confronto il numero di abitanti con il denaro che piove, scopriamo che la Valle D' Aosta è in testa alla classifica, con 15.448 euro pro capite. Seguono il Trentino Alto Adige (13.431) e il Lazio (12.259). All' ultimo posto, invece, spunta a sorpresa la Campania (8.198), preceduta da Veneto (8.203) e Puglia (8.257). Il valore medio italiano è di 9.318. Ricchezza - Messa così, sembrerebbe che i nemici dell' autonomia regionale o coloro che si indignano per chi pensa che il Sud, per ripartire, abbia più bisogno di olio di gomito che di altri finanziamenti statali, non abbiano tutti i torti. Certo, ci sarebbe da obiettare che con quegli 8mila euro di soldi governativi per abitante la Campania offre servizi di gran lunga inferiori a quelli di cui possono usufruire i cittadini della Lombardia, per cui lo Stato spende a testa più o meno la stessa cifra (8.364 euro). Ma la sostanza resta: la spesa pubblica italiana è troppo elevata e ovunque ne approfittano. Leggi anche: Autonomia, in Parlamento non ci sono i numeri: i deputati meridionali di M5S, FI e Pd possono bloccarla Discorso chiuso? Non proprio. Basta cambiare prospettiva, per accorgersi che la musica è ben altra. I territori italiani non differiscono solo per la qualità dei servizi, ma anche, e soprattutto, per la quantità di ricchezza che riescono a esprimere, per quello che producono, per i redditi che entrano nelle tasche degli abitanti. È su questo terreno che si fa la differenza, che si riducono i debiti, che si crea il benessere. Ed ecco allora la vera domanda: quanti quattrini dello Stato incassano le regioni rispetto ai soldi che circolano? La risposta ce la fornisce ImpresaLavoro, il think tank animato dall' imprenditore Massimo Blasoni, che si è preso la briga di mettere in correlazione i dati della Ragioneria con il Pil del territorio. Resistenze - Utilizzando questo criterio la classifica è dominata da un blocco massiccio di regioni del Mezzogiorno, dove la spesa statale consolidata supera addirittura il 50% della ricchezza prodotta. Si va dal Molise (56%) fino alla Campania (45%), passando per Calabria (55%), Sardegna (54%), Sicilia (52%) e Puglia (47%). Per essere chiari, in queste aree per ogni 100 euro di retribuzione incassata, di fattura emessa o di utile guadagnato, 50 sono a carico della collettività, sono quattrini rastrellati attraverso le tasse. In fondo all' elenco, manco a dirlo, troviamo la Lombardia (22%), il Veneto (25%) e l' Emilia Romagna (25%). Proprio le regioni che, guarda caso, chiedono una maggiore trasparenza e autonomia nella gestione delle risorse pubbliche. I dati della Ragioneria e le elaborazioni di ImpresaLavoro spiegano bene le resistenze dei politici del Mezzogiorno. Chi avrebbe il coraggio di spiegare ai propri cittadini che uno stipendio su due rischia di restare in tasca al suo legittimo proprietario, che lo ha finanziato a colpi di balzelli? di Sandro Iacometti