In tribunale
Banca Etruria, il liquidatore chiede 400 milioni di risarcimento: Pierluigi Boschi ne rischia 15,8
Gli ex amministratori di Banca Etruria sono stati chiamati in giudizio per risarcire i danni causati dalla loro gestione. Il liquidatore Giuseppe Santoni li ha citati davanti al Tribunale civile di Roma per una cifra che supera i 400 milioni di euro. In tutto, scrive il Corriere della Sera, si tratta di 37 persone: i sindaci e i componenti dei tre consigli di amministrazione che si sono avvicendati dal 2010. Tra loro Pierluigi Boschi, che a partire dal 2014 era vicepresidente assieme ad Alfredo Berni quando l’istituto di credito era guidato da Lorenzo Rosi. Ma anche i loro predecessori quando al vertice c’era Giuseppe Fornasari. Tra gli obiettivi della causa civile c’è la possibilità di utilizzare il denaro proveniente dagli eventuali indennizzi per gli obbligazionisti subordinati. Vuol dire che l’azione di responsabilità mira a ottenere i fondi necessari a ristorare i creditori che hanno subito perdite quando - era il novembre 2015 - il governo decise di mettere in liquidazione le quattro banche: oltre ad Etruria, CariChieti, CariFerrara e Banca Marche. Al calcolo su quanto dovrà risarcire ogni ex consigliere arrivano i dolori per i banchieri. Gli ex vertici non saranno chiamati a pagare la somma individuata da Santoni in parti uguali, ma ciascuno in base alle proprie responsabilità e al tempo di permanenza in carica. Nella maggior parte dei casi citati nei documenti ci sono i nomi degli ex presidenti Giuseppe Fornasari e Lorenzo Rosi, i loro vice e l'ex dg Bronchi. E poi c'è l'ex consigliere del Cda Boschi, in carica dal 2011 e 2014. Lui è ritenuto responsabile di quattro casi su dodici di cattiva gestione dei crediti, oltre che della mancata fusione con la Popolare di Vicenza. In tutto l'ex consigliere Boschi potrebbe risarcire circa 15,8 milioni di euro. Ai giudici spetterà pure il compito di valutare l’attività della società di revisione PriceWaterhouseCoopers. Risale al marzo del 2016 la lettera spedita da Santoni ai 37 ex manager ritenuti responsabili del grave dissesto. In quella lista erano stati inseriti anche gli eredi dei consiglieri che nel frattempo sono deceduti. Con la missiva il commissario liquidatore concedeva 30 giorni di tempo per versare 300 milioni di euro di indennizzo "in solido". La base di partenza era dunque una richiesta di 8,1 milioni di euro ciascuno - da liquidare anche con beni immobili, autovetture, titoli azionari. Sembra evidente che un anno e mezzo è trascorso invano e dunque si è deciso di procedere con l’istanza depositata in tribunale. Dell’iniziativa è stato informato il Fondo di Risoluzione presso la Banca d’Italia, com’era già accaduto per gli altri tre istituti di credito oggetto del decreto del governo. I tre motivi che hanno convinto Santoni a procedere sono elencati nel ricorso, ma erano stati già anticipati nella lettera. In particolare, secondo il liquidatore, a provocare il "buco" nei bilanci di Etruria sarebbero stati non solo comportamenti dolosi degli amministratori, ma anche colposi. E sarebbe stato proprio questo secondo aspetto a far lievitare ulteriormente la cifra indicata un anno e mezzo fa. I componenti dei Cda e i sindaci avrebbero erogato mutui e finanziamenti senza richiedere le necessarie garanzie e - in alcuni casi - "anche in conflitto di interessi". Oltre a sottolineare le iniziative di "indebito e illecito ostacolo alla vigilanza della Banca d’Italia", Santoni contesta ai vertici dell’Istituto aretino - scrive sempre il Corriere- di non aver dato seguito all’input di Bankitalia che raccomandava la fusione con un partner affidabile che invece non ha avuto seguito. E questo nonostante fosse arrivata un’offerta, ritenuta vantaggiosa, dalla Banca popolare di Vicenza.