Il caso

Pensionati in fuga dall'Italia:incassano l'assegno all'estero

Andrea Tempestini

  Non ci sono soltanto le imprese che fuggono all’estero per sopravvivere al cappio fiscale e burocratico. Non ci sono soltanto i nostri più abili (e disperati) laureati a cercare rifugio oltre confine per intercettare una prospettiva di carriera. C’è anche il popolo, molto più consistente, dei pensionati che hanno trovato nell’espatrio un nuovo Paese dove la pensione basta ad arrivare alla fine del mese e magari ci si può togliere qualche sfizio. E poi c’è l’ultima frontiera: le opere d’arte legalmente possedute dagli italiani che vengono ricercate e bandite sulle migliori piazze internazionali d’asta. La mappa di chi scappa da questa crisi - che somiglia tanto ad un bombardamento costante - rischia di impoverire un Paese, il nostro, di buona parte del patrimonio tecnologico, intellettuale, economico e anche culturale.  ADDIO ALLE AZIENDE Mentre il ministro dello Sviluppo Economico, Flavio Zanonato, annunciava (proprio ieri) per settembre un road show tra i distretti produttivi d’Italia, le aziende se ne vanno. E se ne sono andate. Secondo gli ultimi dati statistici disponibili (il censimento dell’esodo è fermo al 2011), a fine 2011 ben 27mila imprese hanno impacchettato macchinari e anche tecnici esperti e si sono trasferite oltre confine. Non è tanto il problema fiscale a convincere piccole e medie imprese a scegliere una nuova patria, quanto le difficoltà burocratiche, i ritardi della pubblica amministrazione nell’as - solvere le richieste, le moleste richieste di spiegazioni e giustificazioni che convincono l’im - prenditore a migrare. Secondo il monitoraggio realizzato dagli Artigiani di Mestre il valore di produzione realizzato nel 2011 da queste imprese oltre confine ammonta ad oltre 583 milioni di euro. Il che si traduce in unmancato gettito per le casse dell’Erario italiano in una perdita di gettito “spannometrica”di oltre 250 milioni l’anno. Senza considerare che gli addetti di queste aziende sono aumentati nell’arco del tempo (2001/2011) del 35%, mentre da noi la disoccupazione ha eroso milioni di posti di lavoro solo negli ultimi anni.  CERVELLI A lanciare l’inascoltato allarme sulla fuga di cervelli è stato qualche settimana fa il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi. «La fuga dei cervelli costa al nostro Paese», ha calcolato sconsolato il patron della Mapei, «grosso modo 5 miliardi di euro e i nostri competitori increduli ringraziano del prezioso regalo». Il presidente degli industriali proprio facendo leva sui cervelli, sui brevetti e sulla tecnologia innovativa ha messo in piedi un colosso multinazionale globale. Squinzi, che il globo lo ha battuto in lungo e largo - oggi l’azienda ha un fatturato di oltre 2miliardi di euro, ben 7.500 dipendenti diretti, 65 aziende consociate con 62 stabilimenti produttivi operanti in 30 paesi nei cinque continenti - è realmente preoccupato da questo sgocciolio di conoscenza che fluisce dall’Italia. Il conto è presto fatto (e pure perdifetto).«Se contiamocheun ricercatore è un investimento collettivo di circa 800mila euro (laurea, formazione, apprendistato, ndr) in questi anni l’Italia ha regalato ai propri competitori grosso modo 5 miliardi di euro». Antonio Mastrapasqua, presidente dell’Inps, lo ripeteda anni: «Quasi la metà degli oltre 15 milioni di pensionati prende meno di 1.000 euro e circa un terzo tra i 500 e i 1.000 euro».Ma ciò che in Italia è una miseria in altri Paesi può essere un tesoretto. Certo bisogna adempiere ad alcuni passaggi formali, lasciare il Paese e la città. Ma ci si può sempre tornare in vacanza e coccolare i nipotini. Stando alle ultime statistiche (2012) oltre 500mila italiani incassano l’assegno all’estero (togliendo invalidità e reversibilità). Il gioco della residenza estera, con l’iscrizione al Registro, consente di risparmiare un abbondante 30-40%% di tasse. Tradotto: l’assegno pensionistico lievita in proporzione.  VENDO TUTTO Lo sbocciare di “compro oro” in tutta Italia evidenzia la crisi economica della classe media. E questo è acclarato. Sorprendono invece gli “inviti alla consegna” promossi dalle più blasonate case d’asta (come Christie’s) che danno il polso di una nuova fetta di mercato: la vendita all’asta delle opere d’arte di famiglia. Un po’ perché rientrano ormai nel patrimonio da dichiarare,unpo’ perché c’è carenza di liquidità anche per i benestanti, i banditori offrono un pacchetto di asta tutto compreso: valutazione, pubblicizzazione, banditura e pagamento o riconsegna del bene. Al netto delle commissioni entro «35 giorni» si passa all’in - casso. E così i tesori dell’Italia (non solo le opere d’arte) se ne vanno.  di Antonio Castro