L'accusa ai Caf
Fisco, le tre regole per scoprire se ti hanno truccato il 730
Solo l’indagine sul 2015, in corso, potrà chiarire fino a che punto le dichiarazioni dei redditi sono truccate. E chiarire, perciò, quanti sodi sono stati scippati ai contribuenti italiani col «730». All’allarme lanciato lo scorso anno dalla Corte dei conti ha fatto seguito la prima verifica dell’agenzia delle Entrate, secondo cui, come riferito ieri su queste colonne, il 10% delle denunce dei redditi sono «alterate» in modo da dirottare le donazioni ad associazioni o enti «amici». Gli accertamenti condotti dall’amministrazione finanziara nel 2014 hanno portato alla luce un quadro desolante: quasi il 10 per cento delle dichiarazioni fiscali è fuori legge. Il «business» del 5 per mille, in vigore dal 2006, vale circa 3 miliardi di euro. L’anno scorso sono risultati irregolari circa 500 modelli su 5.603: l’8,9 per cento. E se la percentuale di «errori» fosse confermata dalle nuove verifiche delle Entrate si potrebbe immaginare che quasi 300 milioni di euro sono stati spostati più o meno a piacimento. Di che parliamo? Il «cinque per mille» è la quota di imposte sul reddito che può essere donata a enti e organismi vari. Uno dei problemi riguarda chi non dona espressamente e, di fatto, sceglie, spesso a sua insaputa, di ripartire la sua quota di «obolo tributario» secondo la classifica determinata successivamente dalle indicazioni esplicite degli altri contribuenti. Fatto sta che i moduli del «cinque per mille» in bianco (o generici) fanno gola a chi vuole «gestire» tutti quei soldi. Anche se le irregolarità riscontrate dagli 007 del fisco riguardano pure i moduli corretti a posteriori. In questa melma guarda la Corte. Che ha puntato il dito contro i legami tra i centri di assistena fiscale con le loro fondazioni ed enti vari no profit: il rischio, in taluni casi riscontrato, è che i Caf indirizzino le donazioni a casa loro, in barba ai conflitti di interesse. La domanda, a questo punto, è una sola: come fare a sapere se il 5 per mille è stato incassato dalla onlus o dalla fondazione indicata dai cittadini al momento della firma del modello «730»? E come fare a sapere se il modulo è rimato in bianco? In attesa di capire se il governo accoglierà i suggerimenti avanzati dalla magistratura contabile, secondo cui l’intero sistema va riformato proprio per evitare truffe o altre «anomalie», si possono seguire alcuni accorgimenti. Una sorta di accertamento a tre livelli. Uno degli accorgimenti da seguire è controllare subito la copia della dichiarazione dei redditi consegnata al Caf: controllo che si può fare immediatamente sia nel caso del modello «730» sia se si presenta «Unico». Il primo check sulla firma. E ancora: bisogna verificare, nel dettaglio, sia il nome dell’organizzazione scelta come beneficiria della donazione sia il codice: eventuali errori di compilazione del modulo, infatti, lasciano spazi a correzioni successive, quelle messe sotto la lente dalla Corte. Chi si fida poco, può provare a bussare alla porta del Caf nel mese di settembre, quando la denuncia dei redditi è stata ormai trasmessa all’agenzia delle Entrate, e chiedere una copia definitiva. Magari si scopre qualche magagna. La confusione, per ora, resta. Anche perché mancano elenchi stabili dei beneficiari, come osservato dai magistrati di viale Mazzini. Ogni anno le onlus sono costrette a iscriversi nelle liste del fisco. Un eccesso di burocrazia che agevola chi opera in maniera poco trasparente. Non solo. Sempre la Corte dei conti aveva chiesto al governo di dare il via a una stretta sulle onlus. In modo da ridurre la cerchia di chi può ricevere le elargizioni dei cittadini via «730». Senza dimenticare, dice ancora la Corte, che più di una volta sono stati riaperti i termini per partecipare al riparto del contributo, di fatto «rimettendo in gioco» enti che forse hanno protestato. Col risultato che un pezzo non irrilevante di spesa sociale è gestito come sul «tavolo verde». Con tutto il rispetto per i casinò. di Francesco De Dominicis twitter@DeDominicisF