Quanto è sexy il Belpaese

Investire in Italia, le pagelle dei big della finanza: cosa funziona e cosa invece no

Andrea Tempestini

Un indice che misura quanto è "sexy" l'Italia, almeno per chi nel Belpaese vorrebbe investire. Si tratta dell'AIBA-Index, elaborato da Aibe, l'Associazione delle Banche estere operanti in Italia, che ogni sei mesi misura l'attrattività dell'Italia nel mondo. Una ricerca, realizzata nel mese di ottobre da Ispo ricerche che ha coinvolto gruppi di private equity, fondi sovrani di investimento esteri, investitori internazionali, studi legali e multinazionali. Il risultato? Il quadro migliora, l'Italia è un poco più "sexy", ma restiamo ben lontani dall'eccellenza. Segnali di vita - Lo studio, presentato nella sede della Stampa estera a Milano, evidenzia come oggi l'AIBE Index è pari a 38 punti su una scala da 0 a 100 (0=nessuna attrattività e 100=massima attrattività). Un valore ancora basso, ma in crescita di 5 punti. Se a marzo 2014, nella prima edizione dell’osservatorio, l’immagine del nostro Paese era molto polarizzata sulle criticità del sistema, oggi si assiste ad un “cambiamento di verso”: rispetto a sei mesi fa, infatti, l’Italia appare (relativamente) più attrattiva. Nel confronto internazionale il nostro Paese si posiziona sempre in fondo alla graduatoria e viene tra l’altro sopravanzato dalla Spagna, che fa un balzo significativo nelle percezioni degli intervistati. Saldamente in testa permangono Stati Uniti, Germania e Gran Bretagna che supera la Cina. Cosa piace, cosa no - Nonostante l’Italia non riesca a guadagnare un maggiore appeal rispetto ai competitor, il giudizio sugli specifici aspetti di attrazione mostra un miglioramento generalizzato delle percezioni. Persistono però criticità strutturali specie sui costi impropri dell’operare in Italia e sulle scoraggianti incertezze interpretative del quadro normativo/burocratico, in appesantimento. La sovrapposizione di vincoli normativi, l’incertezza interpretativa, i tempi della giustizia, unitamente al carico fiscale, sono gli aspetti più urgenti di intervento. Nello specifico, la qualità delle risorse umane si mantiene al vertice della graduatoria degli aspetti più attrattivi, insieme con la solidità del sistema bancario, che registra un incremento significativo dei giudizi positivi (+17 punti percentuali). Crescono l’attrattività riguardo alla flessibilità e al costo del lavoro (rispettivamente +14 e +11 punti percentuali) e, anche se meno, la stabilità politica (+5 punti). Cosa deve fare l'Italia - Tutto questo si traduce sia in un aumento della percezione di attrattività del Paese, sia nell’impressione dell’esistenza di una nuova e più efficace strategia per l’attrazione dei capitali esteri (almeno secondo la maggioranza relativa). Le priorità di intervento per l’Italia suggerite dagli operatori esteri sono quelle che il Governo tenta di perseguire con l’alleggerimento del pesante carico normativo/fiscale, la flessibilità del mercato del lavoro, i tempi della giustizia civile. Le grandi riforme "made in Renzi", dunque, sembrano convincere almeno in parte gli intervistati. La politica delle privatizzazioni, però, divide il panel: solo metà del campione ritiene che essa contribuirà ad aumentare l’attrazione dell’Italia. Più scettico è il giudizio sulla spending review: i due terzi degli intervistati sostengono che non avvicinerà gli investitori stranieri. Fortemente criticato lo stop allo sviluppo delle reti infrastrutturali per la digitalizzazione. Quasi la totalità del panel, tra gli elementi critici, indica l’alto costo dell’energia come un fattore strutturale frenante. Riforme, subito - Il presidente di Aibe, Guido Rosa, spiega che "per gli investitori esteri l’Italia presenta più debolezze (finanziamento del debito pubblico, arretramento infrastrutturale, ritardi nelle liberalizzazioni e privatizzazioni) che aspetti di competitività, pur nel leggero miglioramento della percezione di attrattività. È allora necessario attuare le riforme strutturali, come segno di una nuova visione strategica; avere il coraggio di attuare le privatizzazioni ed affidare agli investitori esteri assieme all’imprenditoria italiana il ruolo di fattore di ripresa. La migliore percezione del mercato del lavoro unitamente ai giudizi sulla validità delle riforme intraprese, incoraggiano il Governo a proseguire nella politica di attuazione degli strumenti previsti dal così detto “Jobs Act” e dalle altre riforme. In questo modo le attese degli operatori internazionali potranno trasformarsi in percezioni positive del nostro sistema paese.