I conti sbagliati del governo

Solo il 20% prenderà il Tfr in busta: "buco" nella manovra

Matteo Legnani

Un buco da circa 1 miliardo e mezzo nei conti pubblici 2015, se la trovata di inserire il trattamento di fine rapporto (Tfr) in busta paga non dovesse convincere i lavoratori a spendere oggi quello che andrebbe risparmiato per domani. Il governo Renzi, con la Legge di Stabilità, prevede la facoltà per chi lavora in un’azienda privata (il Tfs, trattamento di fine servizio degli statali non è anticipabile), di farsi anticipare in busta paga mensilmente il 6,9% della retribuzione lorda, liquidazione che in teoria spetterebbe al momento di andare in pensione o di cambiare azienda. Secondo un sondaggio realizzato per Confesercenti da Swf, solo «due dipendenti su dieci sarebbero propensi a incassare subito» il “tesoretto” della liquidazione.  Problemi loro, verrebbe da pensare. E invece no. Il governo ha ipotizzato - nero su bianco - che circa il 50% dei lavoratori italiani (40/60% a seconda del reddito), opterà per incassare subito il Tfr. E questo anticipo porterebbe nelle casse del fisco un maggior gettito di 2,2 miliardi. Ma solo se la metà dei lavoratori optassero per questa facoltà.  Se gli italiani invece si dimostrassero prudenti e parsimoniosi - come appare evidente dall’andamento della propensione al risparmio che viaggia in controtendenza rispetto all’andamento dell’economia - a via XX Settembre si troverebbero con un buco da coprire di minor gettito. Renzi e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan hanno infatti introdotto (se il Parlamento ratificherà la proposta) , non solo la facoltà di farsi anticipare la liquidazione, ma anche una tassazione ordinaria per questo extra reddito. Decisione che, evidentemente, ha dissuaso molti (almeno nelle intenzioni) a farsi anticipare il Tfr. La Legge di stabilità 2015 ipotizza invece un’adesione media attorno al 50% (dal 40% nelle piccole imprese, il 60% nelle grandi). Il trasferimento in busta paga del Tfr equivale a 10,1 miliardi al lordo e 7,9 al netto con un gettito fiscale aggiuntivo di 2,2 miliardi. E però se solo il 20% dei lavoratori optasse per questo anticipo nelle casse dello Stato potrebbero arrivare non 2,2, ma meno di un miliardo di maggior gettito. Bella rogna per Renzi, ma anche per gli italiani che sarebbero costretti a pagare e a coprire questo ennesimo buco il prossimo anno. Dovrebbe far riflettere la lettura delle intenzioni dei lavoratori sull’utilizzo di questo extra reddito: «Tra i lavoratori che hanno intenzione di richiedere il Tfr su base mensile», spiega l’Ufficio Economico della Confederazione, «la maggior parte è ancora incerta su come utilizzare la liquidità in più (44%). I rimanenti, invece, la investiranno soprattutto per forme di risparmio alternative (17%). Il 16% lo vuole investire in pensioni integrative, mentre il 13% segnala che userà il Tfr in busta paga per saldare pagamenti e debiti pregressi. La percentuale sale al 36% tra i giovani compresi tra i 18 e i 24 anni. Lo investirà in acquisti solo il 10%». Insomma, la grande idea di destinare a ipotetici, futuri consumi ciò che andrebbe conservato per la vecchiaia, non sembra sfiorare i lavoratori. Maggiore è l’incertezza, più si risparmia: la propensione a mettere qualcosa da parte è salita dal 51 del 2007 al 61% nel 2013. Lo dice pure l’Istat, basta leggere i dati sul risparmio e le serie storiche. di Leonardo Marisol