Bilancio fallimentare

L'euro cifra per cifra:ecco quanto ci ha fregato

Andrea Tempestini

  di Antonio Castro Dall’introduzione dell’euro ad oggi il nostro potere d’acquisto è crollato mediamente del 15%. Una batosta difficile da incassare ma sempre meglio del quasi 20% dei cugini greci o dei partner spagnoli. Ma anche i locomotori d’Europa hanno perso qualcosa (l’8% circa la Germania, il 10 la Francia), peccato che la somma di perdita di valore d’acquisto e il contestuale aumento della tassazione in Italia (così come in Spagna e Grecia), abbiano concorso ad impoverire ulteriormente la popolazione, senza tener conto degli effetti indotti dalla crisi occupazionale. Meno lavoro, meno reddito disponibile.  Se può essere di consolazione nessun Paese che appartiene all’area Euro in questi ultimi anni si è salvato dalla perdita di valore d’acquisto: insomma, questa sarebbe la buona notizia. Però, stando alla ricerca realizzata dal Centro Studi dell’Adepp (l’Associazione degli enti previdenziali dei professionisti),  in alcuni Stati è andata assai peggio visto che i salari sono più bassi e il costo della vita è cresciuto esponenzialmente. nell’analisi comparata su redditi e costi sono stati introdotti alcuni riferimenti comuni: come il costo di un pasto al ristorante o l’affitto di una casa. Se è vero che affittare una casa a Parigi costa più che a Roma (200 euro di differenziale), c’è anche da dire che il salario netto all’ora di un professionista nella Capitale è di appena 9,40 euro mentre lo stesso professionista nella Ville Lumière ne incassa ben 14,30 l’ora.   Spiega nel dettaglio la ricerca questa differenza di retribuzione: «Tutti i Paesi presi in esame, compresa la Germania, hanno subito una flessione del potere d’acquisto dovuta essenzialmente all’inflazione e quindi all’aumento dei prezzi». Ma allora come mai tedeschi e francesi sembrano risentire meno di italiani e spagnoli della mazzata derivante dall’adozione della nuova valuta? «Nelle politiche economiche e reddituali adottate dalle singole nazioni, La situazione dell Grecia», premette Marco Micocci direttore scientifico del Centro studi Adepp, «è nota a tutti, quella della Spagna e soprattutto delle  sue banche idem, l’Italia fa i conti con una realtà occupazionale drammatica e, di conseguenza, con una contrazione dei consumi preoccupante, ma anche con una assenza di politiche di sviluppo». E fin qui nulla di nuovo. La verità è che Germania e Francia hanno agito sulla leva dei salari per frenare la perdita di valore. Insomma, aumenti in busta paga e politiche per evitare il crollo dei consumi. E la ricetta, visti i rispettivi Pil di Parigi e Berlino, sembra aver funzionato o comunque si è riusciti a far fronte, almeno in parte, alla “grande crisi” europea.   «Anche la Germania», prosegue l’analisi condotta dall’equipe di lavoro dell’Adepp, «ha avuto il suo momento no ma ha investito nel suo mercato interno, aumentando i salari e quindi evitando la contrazione dei consumi, Una linea seguita anche dalla Francia e da alcuni Paesi nordici». Nella sostanza l’Italia, così come la Spagna e soprattutto la Grecia troppo presi dal risanamento del debito accumulato non hanno saputo far fronte alla contrazione del potere d’acquisto che si è tradotto in un calo consistente dei consumi e quindi della ricchezza circolante. Un cane che si morde la coda e quindi se è vero che dall’introduzione dell’euro il potere d’acquisto è diminuito, è altrettanto vero che senza la valuta unica europea sarebbe andata assai peggio. Conclude lo studio: «La moneta unica, che in molti casi ha salvato il potere d’acquisto da ben altre cadute, non è altro che un denominatore comune. Il problema», conclude lo studio di Micocci, «risiede nel mancato governo unitario delle economie europee, nell’assenza di coordinamento dei bilanci dei singoli State e ai conseguenti limiti dei loro deficit. Alla mancata capacità di adeguamento delle industrie europee alla concorrenza dei nuovi mercati emergenti ed infine alle scelte politiche ed economiche dei singoli Paesi, legate ad egoismi nazionali o a necessità politiche locali». Insomma, se siamo più poveri l’euro ha certamente delle responsabilità ma i governanti che non hanno saputo compensare gli effetti della crisi sono e restano i primi responsabili. A Roma come a Madrid e Atene.