Le tre opzioni su Obamacare che segneranno il futuro di Barack
Si tirano le somme dell’audizione eccezionalmente lunga, durata tre giorni, che la Corte Suprema Usa ha tenuto fino a ieri mercoledì 28, sentendo gli avvocati a favore e contro la Riforma Obamacare della salute, prima di ritirarsi in seduta di consiglio da dove uscirà in giugno con la decisione sulla costituzionalità o meno della legge. Dalle domande e dai commenti degli stessi giudici sembra emergere una leggera prevalenza per il no alla legge, in buona sostanza perchè il "nono giudice" Anthony Kennedy, notoriamente il più imprevedibile e quindi ago della bilancia tra i 4 conservatori e i 4 liberal, è stato molto critico sul punto-chiave, l’obbligo di comprare una polizza sanitaria imposto a tutti i cittadini (con un contratto civile, e non sotto forma di «tassa»). Nell’attesa del verdetto sulla sorte della legge si può già concludere però che l’argomento sarà centrale nella campagna elettorale, con effetti che potrebbero minare le chance del presidente. Del resto, fu proprio il passaggio della legge prima del voto di mediotermine a far nascere i Tea Party e a condannare i democratici nel novembre 2010, quando persero il controllo della Camera e la supermaggioranza al Senato proprio per l’opposizione popolare alla misura. E, ancora oggi, la media dei sondaggi raccolti da RealClearPolitics dice che la maggioranza (il 51,7%) degli americani è a favore della cancellazione della legge, mentre solo il 40,7% la vuol tenere. In questo contesto, vediamo che cosa può succedere a seconda del risultato in Corte Suprema. 1) ObamaCare viene dichiarata incostituzionale nel punto basilare del "mandato obbligatorio". Siccome l’obbligo di comprare la polizza per tutti, anche per i giovani e sani che non la vogliono, è ciò che finanzia l’allargamento del numero degli assicurati attraverso l’assistenza agli studenti fino a 26 anni e a chi è già malato e può ottenere con ObamaCare la polizza senza visite mediche, la Corte deve decidere contestualmente se far cadere tutta la legge, che non ha più una fonte di finanziamento, o salvare qualche parte. Anche su questo aspetto, discusso il terzo giorno, pare profilarsi una maggioranza per il "no totale" alla norma. Sarebbe la sconfitta più secca del presidente, bocciato al 100% in quello che doveva essere il suo maggior successo parlamentare. Farebbe la campagna da perdente, e con una opinione pubblica, dicono i sondaggi, che è contro di lui proprio su come tratta il tema della salute (per Gallup, solo il 41% lo giudica bene sotto questo aspetto). 2) ObamaCare viene confermata in toto. Obama vince, ma si intensifica la mobilitazione dei repubblicani e dei Tea Party per cambiare il Congresso e la Casa Bianca, in modo da creare le condizioni parlamentari di una cancellazione di ObamaCare nel 2013. Il vento del 2010, insomma, potrebbe bissare la debacle democratica di due anni fa e chiamare alle urne il massimo numero di oppositori a Obama e alla sua ObamaCare. La rabbia che spinge a cambiare qualcosa che è considerato male è più forte della volontà di difendere qualcosa che c’è già. 3) ObamaCare viene dichiarata incostituzionale solo nella parte del mandato obbligatorio, ma i giudici suggeriscono al Congresso di salvare qualche aspetto e di ridiscuterne il finanziamento. Obama uscirebbe comunque male, con l’etichetta di legislatore "incostituzionale" sul punto fondamentale della legge, ma avrebbe due strade. Cercare una soluzione bipartisan con i Repubblicani, che non avevano potuto mettere becco nella scrittura delle 2700 pagine di quel mostro giuridico chiamato ObamaCare. E’ altamente improbabile, e non solo perchè il GOP chiederebbe nel merito modifiche antidirigiste e basate su soluzioni che comportano più responsabilità individuale e libertà di scelta. Più facile prevedere che il presidente seguirà la via dell’attacco alla Corte Suprema "in mano ai conservatori" e sceglierà il muro contro muro. Finora ha infatti impostato tutto sulla retorica della lotta di classe contro i ricchi, dall’appoggio a Occupy Wall Street alla richiesta di più tasse. Su questa linea, potrebbe anche tornare a proporre la mutua pubblica alla europea, che era peraltro ciò che aveva perorato da senatore dell’Illinois. Sarebbe uno showdown per l’America, chiamata a decidere se vuole restare tale o diventare come la Francia o l’Italia. di Glauco Maggi