Per i repubblicani l'ora della verità: s'inizia in Iowa
Martedì 3 si vota in Iowa, e Mitt Romney è il leggero favorito. Precede Ron Paul e un sorprendente Santorum, ma il fatto che possa vincere il libertario Paul, che piace alla sinistra estrema anti-Usa per le sue posizioni anti israeliane e filo iraniane, è più un elemento per valutare il peso reale dello Iowa nella selezione dei candidati presidenti che non una misura delle speranze dello stesso Paul, o di Romney. Quest’ultimo, con grandi probabilità, sarà comunque alla fine il vincitore alla Convention di agosto in Florida. Su Paul l’unica reale incertezza è invece se tradirà il suo partito, correndo da solo, una volta che sarà chiaro che non sarà il prescelto dalla conta delle primarie di gennaio-marzo, quando ci sarà il Supermartedì che potrebbe già dare il verdetto pro Romney. Per Karl Rove, ex braccio destro di George Bush, Paul non farà il transfuga, perché ha un figlio, Rand, che è oggi senatore del GOP, e lo metterebbe nella insostenibile posizione di dover scegliere tra il babbo libertario e i Tea Party del GOP che l’hanno eletto un anno fa. Si vedrà, ma intanto se una maggioranza di Iowans darà a Paul la vittoria nella prima tappa del giro delle primarie, ciò rafforzerà solo l’opinione diffusa che lo Stato agricolo del centro-nord non ha la mano felice nell’individuare i presidenti. Lo storico e politologo Michael Barone, sul WSJ, ha ricordato come sia “scarso” il fiuto degli elettori Repubblicani dello Iowa, che in 5 cicli per la nomination hanno votato per chi poi è diventato candidato solo due volte, nel 1996 per Bob Dole, e nel 2000 per George W. Bush, l’unico a essere poi eletto presidente. Tra i Democratici, lo Iowa “vede meglio” i vincitori della nomination (Jimmy Carter nel 1976, Walter Mondale nel 1984, Al Gore nel 2000, John Kerry nel 2004 e Barack Obama nel 2008), e una ragione è che vanno a votare nei loro caucus in percentuali più elevate, e quindi più significative. Nel 2008, per esempio, furono il doppio dei Repubblicani, che contano 645 mila iscritti in uno Stato di 3 milioni di abitanti, ma si sono presentati al voto in 119 mila (i caucus sono una sorta di assemblee che richiedono ore di tempo e tanta militanza). Allora vinse Mike Huckabee, che si presentò come leader cristiano, e venne favorito dal fatto che il 60% di quelli che si presentarono al caucus nello Iowa si dichiararono Cristiani Rinati o Evangelici. Le previsioni per questa tornata sono per una partecipazione di votanti pari o inferiore ai 119 mila del 2008. A decidere potrà quindi essere il blocco di libertari militanti pro Paul o di religiosi cristiani pro Santorum. Ma se dovesse farcela il mormone Romney, che a differenza degli altri ha fatto poca campagna nello Iowa, sarebbe per lui una investitura quasi definitiva. di Glauco Maggi Twitter@glaucomaggi