Occupy Wall Street? Un boomerang per Obama

Giulio Bucchi

Adesso che è stato sloggiato dalla sua tana a Zuccotti Park il movimento degli indignati di New York è nudo, come quel famoso re. Il primo risultato dell’essere stati messi in piazza, ma senza le tende che coprivano di tutto, è che s’è visto che NON sono un movimento. In una città di 10 milioni di anime poche centinaia che continuano, si far per dire, la lotta, sono una frangetta. Non violenta come a Roma, ma in cerca del “martirio dell’arresto”, ha ironizzato il capo della polizia cittadina: “E’ chiaro che volevano farsi arrestare”, ha detto annunciando la cifra dei fermati nella giornata di ieri, 177. “Alcuni hanno deliberatamente cercato la violenza, è un comportamento che non ha nulla a che fare con il primo emendamento (che garantisce la libertà di espressione NDR). E la notizia reale è che non c’è proprio stata tanta gente là fuori”, ha commentato il sindaco Mike Bloomberg. Quelli che c’erano, nel momento di massima presenza nel tardo pomeriggio camminando legalmente sul Ponte di Brooklyn, erano militanti dei sindacati dei dipendenti pubblici Seiu (salute) e UFT (insegnanti). Insomma, spacciare il fenomeno di questa esigua minoranza di protestatari di estrema sinistra, tra randagi senza dimora e cammellati delle union, per un movimento reale di gente scontenta è stato un bel tentativo mediatico, nice try dicono qui, ma non ha resistito alla prima volta della piazza vera. Qualcuno si era illuso di aver trovato l’antidoto ai Tea party di segno opposto, cioè una massa di opinione capace di influenzare l’esito delle elezioni a favore dei Democratici così come il Gop aveva tratto vantaggio nel 2010 ribaltando il controllo della Camera. Ma i Tea Party sono stati fin primo momento rispettosissimi della legge in ogni loro mossa: andavano a fare domande brucianti ai politici democratici che volevano far digerire a tutti i costi la riforma sanitaria che non voleva nessuno, o facevano comizi autorizzati con migliaia di persone. Che alla fine tiravano su le lattine di Coca Cola dal prato prima di salire sui loro Suv con i figli per mano. L’epitaffio più mordace è forse quello di John Podhoretz, che ha descritto così gli OWS (Occupy Wall Street) dopo i quasi due mesi a Zuccotti Park. “OWS è diventato il problema. Imprevedibile, emotivo, sconsiderato, naive, viziato, anche amato (da alcuni), OWS è arrivato a giocare un ruolo in questa città non diverso dal ruolo che gioca in una casa caritatevole e preoccupata un bambino emozionalmente esplosivo”. Le autorità l’hanno tollerato per tanto tempo sperando che tutto finisse da sé, “come i genitori progressisti pensano che la loro condiscendenza , mascherata da preoccupazione, alla fine l’abbia vinta”. Non è andata così, il “bambino” ha messo a rischio se stesso e gli altri, ed è arrivato il tempo dell’ “amore duro. Le regole c’erano e andavano fatte rispettare. Basta non senso. E’ ora della nanna”, scrive il neocon Podhoretz. Per l’ordine pubblico, speriamo che basti un buon sonno a calmare i violenti residuali. Ma sulla natura vera degli indignati di OWS non ci sono più sogni. Non faranno la rivoluzione neanche questa volta, e del resto sono già passati dal chiedere la giustizia globale e il superamento del capitalismo a qualche sconto per le rette scolastiche e alla riformista “equità salariale”. di Glauco Maggi