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17 anni fa l'omicidio di Marco Biagi
Roma, 11 mar. (Labitalia) - Erano passate da poco le 20,30 quando, a Bologna, il 19 marzo del 2002, una manciata di proiettili sparati dalle ultime Brigate Rosse colpiva il professor Marco Biagi che stava rientrando in bicicletta a casa sua. Finiva così prematuramente (aveva solo 52 anni) la vita e tutto quello straordinario impegno di studio e di ricerca che il docente universitario a Modena, aveva dedicato a uno dei temi più spinosi per il nostro Paese: il lavoro. Voleva, Biagi, un mercato del lavoro più moderno, più inclusivo, voleva dare più spazio ai giovani e alle donne, e ai gruppi che ne rimangono esclusi. E, soprattutto, voleva un mercato europeo: una caratteristica fondamentale, anzi il filo conduttore principale, dell'opera di Marco Biagi è stato, infatti, l'impegno nella comparazione e l'attenzione interdisciplinare coltivata con cultori di esperienze diverse. Biagi è stato un pioniere dell'applicazione della tecnica del benchmarking, un metodo volto alla raccolta scientifica delle buone prassi internazionali in materia di politiche del lavoro. Un giurista che vedeva lontano e che aveva capito anzitempo dove avrebbero condotto l'internazionalizzazione dei mercati, la liberalizzazione delle frontiere e la globalizzazione. E che non aveva mai perso di vista che al centro del mercato del lavoro c'erano, innanzitutto, le esigenze dell'impresa e il valore della persona. "Ci avviciniamo agli eventi che da diciassette anni ricordano con il sacrificio di Marco Biagi le molte intuizioni che ne hanno fatto un raro giurista del lavoro aperto alla modernità e lontano dai frequenti approcci ideologici. In particolare, le associazioni Adapt e Amici di Marco Biagi presenteranno il 14 marzo, a Roma, presso la Sala Capitolare del Senato, un Rapporto su 'La salute della persona nelle relazioni di lavoro', redatto attraverso la collaborazione con la società scientifica di medicina del lavoro (Siml)" ricorda l'ex ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, che di Biagi fu amico, dalle colonne del bollettino di Adapt, la Scuola di Relazioni industriali fondata proprio da Marco Biagi. Lo studio, spiega Sacconi, non è sulla "sola salute e sicurezza nei luoghi di lavoro" ma è "una prima disamina delle molte opportunità che le relazioni di lavoro offrono per la salute delle persone e dei molti problemi irrisolti per coloro che, al di fuori del servizio sanitario nazionale, prestano attività di cura". Temi di stringente attualità perché, ricorda Sacconi, Marco Biagi pensava al lavoratore innanzitutto "come persona i cui bisogni meritano di essere sempre integralmente considerati". "A partire dalla sua condizione di cittadino che deve essere tutelato dall’impatto ambientale delle produzioni secondo criteri certi e certamente applicati", dice l’ex ministro. Lo stesso rapporto di lavoro, aggiunge Sacconi, "non può, peraltro, ridursi al mero scambio tra prestazione e remunerazione perché investe un complesso di relazioni tra persone". "Il documento ipotizza in conseguenza che, in presenza di malattie oncologiche, ingravescenti o croniche, la vita lavorativa possa continuare in quanto utile allo stesso percorso terapeutico", sottolinea. "Vi si considera, inoltre, la sorveglianza sanitaria, che ogni anno riguarda oltre dieci milioni di lavoratori, affinché non si limiti ai formali adempimenti di legge ma costituisca opportunità per rafforzare le scelte prevenzionistiche a tutto campo, dagli screening agli stili di vita. Sono analizzati i contratti collettivi di ogni livello che potenziano il diritto del lavoratore a prestazioni integrative in materia di sanità e di assistenza attraverso fondi dedicati", spiega l'ex ministro del Lavoro. "E, infine, per quanto riguarda i prestatori di cura volontari e professionali, si evidenziano soprattutto i profili della formazione e delle tutele anche al fine di produrre un mercato in cui domanda e offerta si incontrino efficientemente. Da quell’ormai lontano marzo del 2002 Marco Biagi viene così persistentemente evocato quale fonte inesauribile di soluzioni e di progetti dedicati alla vita buona di ciascuna persona, di tutte le persone", conclude Sacconi.