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Assobio, boom biologico, uova e bevande vegetali trainano vendite
Bologna, 3 nov. (Labitalia) - Il 2017 ha registrato un boom della vendita dei prodotti biologici: +12% nel totale dei diversi canali, con un +15,4% nella grande distribuzione. E' quanto rende noto oggi AssoBio, l’associazione nazionale delle imprese di trasformazione e distribuzione dei prodotti biologici. Le aziende bio in Italia sono 72mila (erano 4mila nel 1990) e 300mila le persone occupate nel settore. Il biologico in Italia vale 4,9 miliardi l’anno: 3 miliardi è il volume d’affari interno generato dalla vendita di prodotti bio sul mercato italiano; 1,9 miliardi il volume d’affari dell’export (il mercato principale è la Germania, seguono Francia, Benelux, Scandinavia, Austria, Usa e Svizzera; l’Italia è il primo esportatore di prodotti biologici d’Europa e il secondo al mondo, dopo gli Usa). Il prodotto più venduto a livello di grande distribuzione sono le uova (71 milioni di euro); confetture-marmellate (67 milioni); gallette di cereali soffiati (57 milioni); frutta fresca preconfezionata (49 milioni); bevande vegetali sostitutive del latte (42 milioni). A seguire: pasta (sesto posto) e ortaggi confezionati (settimo posto). Il prodotto più venduto nell’ambito dei negozi specializzati è rappresentato dalle bevande vegetali; banane provenienti dal circuito equo e solidale; uova; zucchine; dessert vegetali. Il 14,5% della superficie agricola italiana (pari all’intera superficie di Toscana, Marche, Umbria, Molise e Liguria messe assieme) è dedicata all’agricoltura biologica (il primato è di Austria e Svezia con il 20%). Nel 2017 ha acquistato almeno una volta prodotti biologici l’87% delle famiglie italiane (1 milione di famiglie in più rispetto al 2016); 4 milioni di tonnellate l’anno (70 chili per ogni italiano, 320 chili per ettaro) è la quantità di fertilizzanti utilizzata dall’agricoltura convenzionale per massimizzare la produttività dei terreni. Ben 91 milioni di Kg (1kg e 1/2 per ogni italiano) è la quantità di pesticidi sparsi ogni anno sui campi italiani. Nell'agricoltura bio non si usano fertilizzanti chimici di sintesi, ma solo fertilizzanti organici autorizzati e i pochi mezzi tecnici ammessi (estratti vegetali, cera d’api, lecitine, sapone; la sostanza più 'chimica' utilizzabile è il rame, massimo 6 kg l’anno per ettaro). Inoltre, si utilizzano piante meno produttive ma più resistenti a malattie e parassiti. Si effettua la rotazione delle colture e la loro consociazione, piantando tra le file un’essenza sgradita ai parassiti che attaccano la coltura prevalente. Gli animali devono essere alimentati con prodotti biologici (per almeno tre quarti di produzione propria o locale); non sono ammessi allevamenti senza terra, i capi non possono essere tenuti legati o in gabbia e per ciascuna specie sono definiti gli spazi minimi a disposizione di ogni animale al coperto, allo scoperto e al pascolo. Vietati i farmaci allopatici e la somministrazione di promotori di crescita. Gli antibiotici sono ammessi solo in caso di pericolo di vita o in caso di malattia ma se è necessario più di un trattamento, l’animale e i suoi prodotti perdono la qualifica di biologico. Per la trasformazione non sono ammessi coloranti, conservanti, esaltatori di sapidità, edulcoranti e altri additivi inutili ma solo i pochi indispensabili come gli agenti lievitanti per realizzare biscotti. Negli allevamenti biologici gli animali hanno accesso al pascolo e non sono chiusi in stalla vita natural durante; le galline biologiche sono libere e non allevate in batteria (la vita di un pollo convenzionale, alimentato a mais per lo più ogm, dura 40 giorni viene mangia mais ogm per 40 giorni, quella di un pollo biologico 81 giorni in cui mangia mais biologico). Gli agricoltori bio piantano siepi ai confini dei propri campi come barriera per le contaminazioni dall’esterno e per ospitare la fauna selvatica (in un anno una famiglia di pipistrelli divora trenta chili di insetti dannosi, molto meglio che utilizzare insetticidi). La rotazione delle colture è l’arma segreta dell’agricoltura bio: dove un anno c’è grano, l’anno dopo ci saranno ceci o lenticchie: la rotazione restituisce nutrienti al suolo, ripristina la fertilità, non consentire la specializzazione delle infestanti. L'agricoltura biologica è l'unica attività produttiva cui l'Unione europea riconosce lo svolgimento di una funzione sociale. Nei Piani di sviluppo rurale previsti dalla Politica agricola comunitaria ci sono incentivi per la conversione all’agricoltura biologica. Per accedere al contributo le aziende devono garantire la conformità al metodo di produzione biologica per almeno 5 anni. Le sovvenzioni sono maggiori nella fase di conversione e minori in quella di successivo mantenimento della produzione biologica; gli importi cambiano da regione a regione e da coltura a coltura. Si va da un minimo di 31 euro a ettaro per i pascoli a 900 euro a ettaro per agrumi, vite e castagno, fino a 1.200 euro a ettaro per fruttiferi e orticole.