cultura
'Architrenius', una fonte medievale di Leopardi
Roma, 2 dic. (Adnkronos) - Nel poema medievale Architrenius di Giovanni di Altavilla (ca. 1184), di cui Carocci ha pubblicato di recente la prima traduzione italiana (e seconda mondiale), il protagonista accusa la Natura di essere responsabile della miseria della condizione umana e dell'inermità dell'uomo di fronte al vizio. Secondo i curatori del volume - Lorenzo Carlucci (Università La Sapienza di Roma) e Laura Marino (Università di Cassino) - nell'Architrenius è da riconoscersi una fonte segreta, finora sfuggita all'attenzione della critica, del celeberrimo Dialogo della Natura e di un Islandese di Giacomo Leopardi. I dettagli della scoperta sono presentati in un lungo saggio apparso di recente sulla rivista Testo a Fronte. Il protagonista del poema medievale ingaggia un aspro dialogo con una personificazione femminile della Natura, non esitando a chiamarla non solo “matrigna” (“noverca”), ma anche “Procne”, ossia, come glosserà Leopardi, una “carnefice della tua propria famiglia” (Procne, secondo il mito, uccise il proprio figlio Iti). Leopardi, secondo i due studiosi, avrebbe letto il poema medievale durante il suo soggiorno a Roma tra il 1822 e il 1823 (anni di stesura dell'operetta), traendone spunto per la sua famosa operetta. A Roma Leopardi si dedicò a intense ricerche filologiche, anche nella speranza di ottenere un impiego presso la Biblioteca Vaticana, dove sono conservati due manoscritti del poema medievale. L'edizione a stampa del 1517 dell'Architrenius era anche disponibile presso l'attuale Biblioteca Vallicelliana. Nell'Architrenius Leopardi avrebbe riconosciuto una forma originale e sorprendente di un cristianesimo irrequieto e problematico, dalle tinte fortemente manichee, significativamente consonante con la propria ideologia del “pessimismo cosmico”. Il finale dell'operetta leopardiana, secondo i due studiosi, contiene inoltre un riferimento criptato alla sua fonte medievale. Come ha dimostrato Eva Viani nel 1985 la morte dell'Islandese (sbranato da due leoni o ricoperto di sabbia) ricalca la narrazione della morte di Eraclito nella raccolta di vite di filosofi Suidas Lexicon (ca. X secolo). Il motivo di questo riferimento al filosofo presocratico è rimasto fino ad oggi inspiegato. Secondo Carlucci e Marino, l'Architrenius è la chiave per sciogliere l'enigma. Eraclito, secondo una tradizione antica e ancora in voga ai tempi di Leopardi, era noto tra i dotti come “Il Piangitore” (Heraclitus lugens), il filosofo che piange dei mali del mondo. Proprio qui starebbe il rimando al poema medievale, il cui protagonista eponimo, Architrenius appunto, è “l'Arci-Piangitore” (i “threnoi” sono le lamentazioni funebri) che piange, durante tutto lo svolgimento del poema, alla vista delle misere condizioni di esistenza dell'uomo. Facendo morire il suo Islandese come Eraclito il Piangitore Leopardi ha obliquamente dichiarato la fonte segreta del suo capolavoro, l'Arci-Piangitore di Giovanni di Altavilla. Un divertissement degno del genio del grande Recanatese.