cultura

Zerocalcare si racconta, dai fumetti ai cartoni

AdnKronos

Roma, 5 dic. - (AdnKronos) - Non solo fumetti. Nel futuro di Michele Rech, in arte Zerocalcare, ci sono anche i cartoni animati: “La storia ce l’ho”, racconta all’Adnkronos, e a partire dal 6 gennaio del prossimo anno “mi prendo tre mesi di tempo per capire se c’è la possibilità di realizzare questo progetto, altrimenti ne faccio un libro”. Il 2018 è stato un anno intenso per il fumettista romano (di Rebibbia, più precisamente): da ‘Macerie prime – Sei mesi dopo’ al catalogo ‘Scavare fossati – nutrire coccodrilli’ (pubblicati entrambi per Bao Publishing), trasposizione su carta della mostra al MAXXI dedicata proprio al papà dell’Armadillo, in programma fino al 10 marzo 2019, realizzata con la produzione con Minimondi Eventi e curata da Giulia Ferracci con la collaborazione di Silvia Barbagallo. Come nella mostra, il catalogo è diviso in nuclei tematici (Pop, Tribù, Lotte e Resistenze, Non Reportage) e contiene quattro storie a fumetti mai stampate prima, testi critici di Claudio Calia, Francesca Romana Elisei, Oscar Glioti e Loredana Lipperini, oltre a centinaia di disegni rari o mai visti, che ripercorrono oltre quindici anni di vita e lavoro dell’artista di Rebibbia. Del catalogo, “sono super contento. Hanno scritto un sacco di cose belle e il lavoro di timeline è molto figo”. Dalle tavole alle locandine per i centri sociali fino alle copertine dei cd: la storia personale dell’autore viene contestualizzata in un pezzo di storia recente grazie alla cronologia 1999-2018, scritta da Oscar Glioti. Dalla mostra al catologo, “la cosa che ha più valore è l’aspetto collettivo di molti di quei lavori. Di molte locandine io ero il disegnatore” che erano il frutto di ore ore di discussioni. Si parla, dunque, di un lavoro che “non è solo mio” ma di un mondo, quello dei centri sociali, dell’attivismo, della musica (del punk in particolare), a cui Zerocalcare, è rimasto fedele anche se “non sono mancati gli scivoloni, quelli fisiologici”, perché si cresce e la vita a volte ci fa prendere strade differenti (al di là del successo e della notorietà). Ma come nascono le storie di Zerocalcare? “Mi deve succedere qualcosa. Tutti i miei lavori hanno uno spunto autobiografico. Poi una volta che ho il soggetto butto giù una scaletta, che cerco di mantenere il più fedele possibile ai fatti reali, e anche quando ci sono della aggiunte ‘romanzate’ sono sempre ispirate a cose vere”. Ad inventare “non sono capace” scherza il fumettista. Dalla scaletta, poi, “passo allo storyboard e ai dialoghi, che vanno di pari passo, e poi inizio a disegnare”. Sul disegno “cerco di rispettare le regole che ho studiato come ad esempio variare le inquadrature per movimentare le pagine”. E se il 2018 è stato un anno impegnativo per Zerocalcare, in questi giorni presente a ‘Più libri, più liberi’, la fiera dedicata alla piccola e media editoria (fino al 9 dicembre alla Nuvola dell’Eur di Roma), il 2019 non sembra da meno. Nei suoi progetti futuri anche un cartone animato, un desiderio annunciato già qualche mese fa ma il lavoro non è ancora entrato nel vivo: “ho ancora un miliardo di accolli da smaltire” scherza Michele. La data fissata è il 6 gennaio: “il 5 ho un’ultima grande consegna e dal 6 gennaio mi prendo 3 mesi di tempo per sondare la possibilità di realizzare un cartone animato”, altrimenti “faccio un libro”. E come protagonista del cartone c’è sempre Zero “ma non solo”: ci sono anche altri personaggi, nuovi e vecchi. Un libro o un cartone ancora non si sa ma la storia c’è e racconta “anche un pezzo di Roma”. Una città negli anni, molto cambiata e “in peggio”, dice l’artista: “si è incattivita un sacco. C’è questa tendenza a confondere, mescolare i problemi oggettivi della città, come i rifiuti, con i problemi delle persone”. Gli sgomberi, “prima dal centro e poi dal raccordo anulare, sono vissuti come qualcosa che va rimosso. Ed è brutto che questo messaggio passi dalle persone più che dalla politica”. Per Zerocalcare si tratta di valori, come quelli dell’accoglienza e della solidarietà che, a volte, o forse spesso, vengono a mancare ed è di questo che “mi dispiace”.