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Mafia: Ingroia, 'sentenza Borsellino? Stato ha insabbiato verità, ora Procura vada avanti'

AdnKronos

Palermo, 16 nov. (Adnkronos) - (di Rossana Locastro) - Una "strage di Stato" a cui seguì "un gravissimo depistaggio", messo in atto "sin dalle battute iniziali delle indagini" e con "un incredibile dispiegamento di uomini e mezzi" e con un solo obiettivo: "Lo Stato aveva la necessità di coprire se stesso". A distanza di 27 anni dall'eccidio di via d'Amelio in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino, e i cinque agenti di scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, eccola la "sola certezza che abbiamo" per l'ex magistrato antimafia di Palermo e oggi avvocato Antonio Ingroia. All'indomani della sentenza di secondo grado del Borsellino quater, emessa dalla Corte d'assise d'appello di Caltanissetta, l'ex pm che ha avviato l'inchiesta sulla trattativa tra Stato e mafia prima di lasciare la toga, sottolinea l'importanza di quel pronunciamento. "E' un altro passo importante verso l'accertamento della verità - dice all'Adnkronos -, una verità che arriva lenta e tardivamente perché lo Stato, con l'eccezione di pochi magistrati, ha fatto di più per insabbiare, deviare e nascondere la verità che per affermarla". A distanza di più di un quarto di secolo, però, Ingroia si dice "fiducioso" sulla possibilità di arrivare alla verità. "Nonostante tutti i depistaggi, i freni, le prudenze, le pigrizie la verità ha una forza tale che alla fine prevale", dice. Resta, comunque, un'amara certezza. "Lo Stato italiano ha depistato, in modo massiccio e senza risparmiare uomini e mezzi, le indagini su uno dei suoi più fedeli servitori, mettendo in atto un tradimento che può avere solo una spiegazione: coprire se stesso".