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Intervento unico con nanotecnologia sui resti di una necropoli

AdnKronos

Palermo, 16 ott. (Adnkronos) - “Abbiamo testato, con ottimi risultati, per la prima volta al mondo, le nanotecnologie in una necropoli nel comune di San Potito Sannitico su reperti ossei e teschi risalenti a circa 280 anni fa e, in seguito, applicheremo tali tecnologie sui resti trovati in delle Necropoli romane del I secolo D.C., provenienti da alcuni scavi archeologici, sempre nel casertano. Abbiamo notato in questa ricerca che i nano materiali riescono, meglio di altre sostanze, a conservare questi importanti beni, e quindi non escludiamo possano essere utilizzati anche in futuro in ambito archeoantropologico a livello mondiale per preservare queste fondamentali testimonianze storiche dall’ammaloramento”. A dirlo Antonio Della Valle antropologo e odontologo forense, cooperatore con il Dipartimento di Medicina Legale dell’Università di Pavia del prof. Antonio Osculati, al convegno nazionale su “Nanotecnologia Scienza e Conservazione - Beni Culturali ed innovazione Tecnologica - Il ruolo della Nanotecnologia”, che si è svolto oggi alla Biblioteca Casanatense a Roma. “Si è trattata – prosegue Della Valle – di una scoperta scientifica di grande interesse. Nel caso di San Potito Sannitico, mentre studiavamo questi reperti analizzando, tra l’altro, importanti dati che ci venivano da questi ritrovamenti come le patologie del tempo, è sorto il problema della loro conservazione. Vi era la necessità di non utilizzare materiali che fossero ‘coprenti’ e ne alterassero le caratteristiche, impedendo poi uno studio più approfondito in seguito. Grazie al supporto di Sabrina Zuccalà, direttrice del Dipartimento di nanotecnologie di 4ward360, abbiamo provato a preservarli testando le nanotecnologie. Abbiamo notato subito come questi materiali oltre a salvaguardarli, permettevano che non si perdessero le connotazioni tipiche di questi reperti, lasciandole inalterate e permettendoci quindi di lavorare al meglio. Abbiamo quindi, predisposto dei protocolli di sperimentazione, che abbiamo utilizzato in ambito museale e anche antropologico forense, per tutelare con queste tecnologie questi reperti. In seguito le applicheremo sui resti derivati dalle necropoli romane del I secolo D.C. in una quarantina di tombe. Anche in questi ritrovamenti più datati i risultati dei test sono stati ottimi, dunque, non c’è dubbio che le nanotecnologie possano rappresentare per l’Italia e per il mondo, una soluzione adeguata per preservare queste testimonianze di grande importanza storico culturale. Inoltre stiamo facendo altri test perché probabilmente questo è l’unico materiale che permette di lasciare inalterato il dna, consentendoci, di effettuare approfondimenti di ricerca in futuro”.