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Esperti: "Contro tabagismo più formazione e supporto"

AdnKronos

Genova, 13 apr. (AdnKronos Salute) - "Il tabagismo è una malattia che riguarda 11 milioni di persone in Italia e chi vuole smettere è più della metà. Bisognerebbe introdurre lo studio della tabaccologia all'università, come accade in altri Paesi. Un esame obbligatorio in neurobiologia delle tossicodipendenze, che migliori la formazione e l'approccio al tema". Lo ha detto all'AdnKronos Pietro Clavario, responsabile del Centro prevenzione e riabilitazione cardiovascolare dell'Asl 3 di Genova, a margine del convegno 'La Tavola quadrata sul tabagismo... gli opposti si parlano', una delle sessioni del Congresso medico 'Nel cuore di Santa - il cardiologo incontra il medico di medicina generale sul territorio', evento giunto alla decima edizione nella Sala congressi dell'Hotel Regina Elena di Santa Margherita Ligure. Patologie fumo-correlate e approccio terapeutico al paziente, in un confronto tra professionisti sanitari che ha messo di fronte tutte le differenti posizioni, parlando anche di rapporto medico-paziente e soluzioni al problema del tabagismo, a partire dalla formazione per arrivare ai centri anti-fumo sul territorio. "Si potrebbe fare molto di più - sostiene Clavario - ad esempio se la disassuefazione non venisse lasciata solo allo specialista: bisogna che qualunque medico sia in grado di dare un supporto. Un tumore su 3 è causato dal fumo, un cardiopatico su 5 è causato dal fumo". Il convegno è "una 3 giorni tra medici di famiglia, cardiologi del territorio e cardiologo ospedaliero, su temi che riguardano la morte improvvisa, la prevenzione, l'aderenza alla terapia, i giovani medici e le tecniche chirurgiche mini-invasive", ha proseguito Roberto Pescatori, presidente del Congresso nazionale 'Nel cuore di Santa'. Tra gli auspici espressi durante l'incontro sulla problematica del tabagismo e delle patologie correlate anche quello di migliorare la formazione, ridurre il rischio con i device oggi a disposizione quando non si possa raggiungere subito l'obiettivo 'sigarette-zero', e poi inserire la disassuefazione dal fumo nei Lea (Livelli essenziali di assistenza), così come accade per la ludopatia. "Il cardiologo e il medico di famiglia sicuramente vogliono che il paziente smetta di fumare - ha sottolineato Pescatori, riassumendo le posizioni espresse al convegno - Questo per la prevenzione primaria, ma anche secondaria, perché è più facile far capire al paziente in prevenzione secondaria dopo un evento acuto che il fumo fa male. In primaria è difficile. Per fare questo il paziente può adottare metodi di disassuefazione dal fumo con prodotti che, non avendo combustione, possono aiutare a fare un passaggio dalla classica sigaretta allo smettere di fumare". L'obiettivo nella battaglia al fumo è quello di sensibilizzare utenti della sigaretta e consumatori delle 'bionde' a capire che smettere di fumare si può. E, nei casi più complessi, far capire al paziente che i prodotti senza combustione esistono e possono aiutare a smettere di fumare. "La miglior aderenza è la paura - ha concluso Pescatori - Abbiamo dati scientifici che dicono che il paziente aderisce alle terapie che il medico fornisce per il primo mese, poi cominciano a farsi gli 'sconti'. E questo vale anche per il fumo. Preferisco che prosegua la terapia dopo un evento acuto con i beta-bloccanti che evitano di avere un'occlusione dello stent e magari che possa disassuefarsi dal fumo con prodotti senza combustione".