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Mafia: l'erede di Riina e l'incubo intercettazioni, 'Lo devi buttare quel telefono'

AdnKronos

Palermo, 5 dic. (AdnKronos) - "Davvero così gli dico... quando sei a lato di me lo devi buttare il telefono". Settimo Mineo, ritenuto dagli investigatori il nuovo capo dei capi e finito in manette ieri insieme ad altre 45 persone nell'ambito del blitz antimafia della Dda di Palermo che ieri ha azzerato la 'Cupola 2.0', era ossessionato dall'idea di poter essere intercettato. Niente cellulare, incontri all'aperto e in luoghi sempre diversi. Nessuna comunicazione diretta per le 'convocazioni'. Per eludere il controllo delle forze dell'ordine i carabinieri del Comando provinciale di Palermo, guidati dal colonnello Antonio Di Stasio, hanno scoperto un vero e proprio codice di condotta. Gli incontri tra i boss dovevano avvenire in strada e i mafiosi avrebbero dovuto evitare di restare fermi in un posto, spostandosi continuamente a piedi. Riunioni anche di pochi minuti durante le quali c'era il divieto assoluto di portare con sé i telefoni. E se i vertici per ragioni di riservatezza o per numero di partecipanti richiedevano un luogo al chiuso la regola era quella di non utilizzare gli stessi locali per più di una volta. "Minc… di nuovo là ci dobbiamo andare a mettere?" dice l'erede di Totò Riina al suo autista mentre si recavano a un appuntamento con il capo famiglia di corso Calatafimi. Mineo disapprovava il fatto che il faccia a faccia dovesse avvenire in un posto già utilizzato di recente, un'agenzia di onoranze funebri. Conclusa la riunione, Mineo ribadiva al proprio factotum che non avrebbero più dovuto usare quel posto. "Come ti dà di nuovo il coso qua… gli dici: 'no qua!'... hai capito?".