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Mafia: processo trattativa verso sentenza, per pm 'Ricatto allo Stato'/Adnkronos (2)
(AdnKronos) - Tra le parti civili spiccano la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Comune di Palermo, il centro Pio La Torre. Secondo l’accusa, all’inizio degli Anni Novanta ci sarebbe stata una sorta di trattativa tra la mafia e pezzi dello Stato italiano, per raggiungere un accordo sulla fine degli attentati stragisti, in cambio dell’attenuazione delle misure detentive. Tutto partirebbe all’indomani della sentenza del Maxi-processo del gennaio 1992, quando Cosa Nostra decise di eliminare gli amici 'traditori' e i grandi nemici. Così, nel giro di pochi mesi furono uccisi l'eurodeputato Dc Salvo Lima, ma anche i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ma per i magistrati, oltre alla vendetta, l'obiettivo di Cosa Nostra era anche quello di ricattare lo Stato. Così furono organizzati una serie di attentati per mettere in ginocchio le istituzioni. Secondo l’accusa, la trattativa sarebbe proseguita anche oltre l’arresto di Totò Riina, avvenuto il 15 gennaio 1993. L’impianto accusatorio si basa, tra l'altro, sulle testimonianze di Massimo Ciancimino, figlio del sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino, e Giovanni Brusca. Ciancimino, nel corso di una decina di udienze, più volte rinviate per lo stato di salute precario dell'imputato, ha ricostruito tutti gli incontri che sarebbero avvenuti fra i Carabinieri e il padre. Mentre Giovanni Brusca è il primo a parlare del cosiddetto «Papello», cioè la lista di richieste di Totò Riina allo Stato. E' ancora Brusca ad avere indicato l'ex Presidente del Senato Nicola Mancino come terminale ultimo degli accordi.