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Foibe: Ciambetti, fare i conti con il passato, ammettere colpe e responsabilità (5)
(AdnKronos) - (Adnkronos) - "Questa gente finì in massima parte nei Centri di raccolta profughi, 120 in tutta Italia, dove le condizioni di vita erano particolarmente aspre e dolorose, in cui i più si sentivano più dei reclusi che degli assistiti - ricorda ancora Ciambetti - le testimonianze convergono e parlano di situazioni di vita estremamente precarie, in condizioni igieniche al limite del sopportabile, sovraffollamento, promiscuità, ed una alimentazione scarsa e di bassa qualità. A questa gente il Ministero degli Interni con la circolare del Ministro Scelba, del 5 maggio 1949, impose l’accertamento individuale, con scheda personale che recasse foto segnaletica e impronte digitali". "Solo nel 2001 il Ministero degli Interni dette la disposizione di cancellare la dicitura “nato in Jugoslavia” dalle certificazioni anagrafiche degli esuli. Per il loro Stato, lo Stato italiano, i profughi erano nati in Jugoslavia, non in Istria, non nel Quarnero, non in Dalmazia, né in città antichissime Parenzo, Rovigno, Pola, Fiume, Zara, Sebenico, Trau, Spalato o in isole già valenti presidi veneziani da Cherso ad Arbe fino a Lesina, Lissa, Corzula. No, nati in Jugoslavia: non è un particolare da poco. Anzi, spiega molte cose", avverte Ciambetti. "Cancellare, rimuovere, dimenticare: c’è una storia di una nazione scomparsa dietro il Giorno del Ricordo, una nazione che rivive nel cuore degli esuli e dei loro figli. Una storia che andrebbe riscritta e sulla quale c’è molto da meditare: fuori dalla retorica, lontani dalle convenienze della politica, lontanissimi dalla ritualità stanca delle celebrazioni in un Paese dove spesso ci si autoassolve e non si fanno i conti con le storie amare, cariche di violenze e ingiustizie che ne segnano invece spesso le dinamiche. Un Paesi in cui, quando non ci si autoassolve, si dimentica. L’esatto contrario del Ricordo", conclude il presidente del Consiglio regionale Veneto.