Lombardia

Giochi: allarme videogame, meta' dei 20 piu' venduti ha contenuto violento (4)

(Adnkronos) - Come dimostra uno studio di Ipsos mediaCt e Isfe, il sistema Pegi potrebbe presentare un ulteriore problema rappresentato dalla difficoltà di interpretazione dei simboli usati: solo il 51% degli intervistati dall'Isfe dichiara di essere consapevole delle indicazioni relative all'età e solo il 33% di quelli relativi al contenuto. Anche Alessandro Gabbiadini sostiene che il sistema del Pegi in Italia non venga applicato in modo efficace: "Il Pegi dovrebbe rappresentare un'importante indicazione circa il grado di violenza e l'età consigliata di gioco per i genitori che acquistano un videogame per i propri figli. Tuttavia spesso non è cosi, e in Italia tali informazioni non sono strettamente vincolanti. Le informazioni Pegi, a differenza di quanto avviene in altri stati, sono infatti pure indicazioni. Per questo, un gioco segnalato come adatto a un'utenza maggiorenne può essere liberamente acquistato anche da adolescenti". Portando un esempio concreto, Gabbiadini spiega che "Gta 5 propone scene che spaziano dalla classica action - inseguimenti, fughe in auto ed esplosioni - alla violenza più accentuata verso altre persone e verso esponenti della legge, a scene di sesso esplicite e spaccio di droga. È facile quindi intuire i motivi che hanno portato gli organismi di valutazione preposti a classificare Gta 5 come videogioco adatto a un pubblico maggiorenne". E studi a livello internazionale sostengono l'esistenza di un legame tra atteggiamento violento e fruizione di videogame. A titolo di esempio, nel 2008 alcuni ricercatori americani, in uno studio sperimentale, hanno analizzato due campioni: da un lato, un gruppo di ragazzi che usava videogame giocando in prima persona, dall'altro, uno che osservava altre persone che utilizzavano videogiochi. Inoltre, in un caso, si trattava di un contenuto violento, nell'altro, di uno neutro. I risultati hanno dimostrato che quanti avevano giocato a un videogame violento svolgendo un ruolo attivo riportavano punteggi di aggressività maggiori rispetto a chi si era limitato a fare da osservatore. "C'è il fatto - spiega Alessandro Gabbiadini, ricercatore dell'università Bicocca di Milano - che in un videogioco spesso il comportamento violento viene premiato o favorito dal gioco stesso e poi il giocatore non è solo uno spettatore, ma è immerso in un mondo tridimensionale, nel quale può decidere attivamente come agire. In secondo luogo, le persone si identificano con i personaggi del gioco molto più che guardando uno spettacolo televisivo".