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Banda larga e privacy officer, la ricetta per far decollare l'e-commerce

- Sulla banda larga siamo in ritardo, ma il 96,9% della popolazione italiana vi ha comunque accesso, e anche sul fronte delle figure professionali esperte di gestione dei dati, il privacy officer non è stato ancora previsto dal nostro ordinamento, ma il mercato lo richiede sempre più per sfruttare le potenzialità del mercato digitale Firenze, 3 giugno 2015 – Ammonta a 122 miliardi di euro il valore annuo dell'e-commerce nel Regno Unito, mentre in Italia si va avanti ancora a piccoli passi, e nel 2014 abbiamo raggiunto un fatturato di 13 miliardi di euro, ma solo il 4% delle nostre imprese vende prodotti e servizi attraverso internet. Decisamente un potenziale non ancora sfruttato quello del mercato digitale, che potrebbe risollevare le sorti della nostra economia con conseguente riflesso sul fronte occupazionale. Per poter puntare sul commercio online, occorrono connessioni internet efficienti e veloci, ed è perciò prioritario ridurre il divario con gli altri Paesi europei, che ci vede come fanalino di coda sulla diffusione della banda larga, con soli 9,1 Mbps (megabit per secondo), al di sotto della Namibia con 9,4 Mbps, come evidenziano gli ultimi dati dell' Osservatorio di S.O.S. Tariffe. "Le carenze tecnologiche possono essere un'attenuante e non una scusante, dato che ad oggi il 96,9% della popolazione italiana ha comunque accesso alla banda larga - commenta il presidente di Federprivacy, Nicola Bernardi - Il nostro tessuto imprenditoriale ha bisogno di una svolta culturale. Da noi la privacy è considerata ancora come una burocrazia inutile, mentre in altri Paesi le aziende si dotano di esperti della materia per fare business attraverso la gestione dei dati, sfruttando appieno il mercato digitale. In Italia, è vero che le grandi imprese si sono già organizzate per disporre di uno o più privacy officer, ma sono in tutto meno di 4.000. Le circa 250.000 PMI italiane si stanno invece affacciando al mondo dell'e-commerce, ma tendono a trascurare le regole sulla privacy, esponendosi così a sanzioni, risarcimenti, contenziosi, o danni reputazionali. Ma il gap più grosso è nella microimpresa: sono infatti ben 5 milioni le aziende che non afferrano l'opportunità, non considerando forse che potrebbero vendere online efficacemente anche prodotti del manifatturiero o dell'agroalimentare senza bisogno di essere una multinazionale, e per questo spesso non sono neppure interessate ad approfondire gli aspetti normativi della data protection". Ci sono comunque segnali positivi, infatti lo scorso anno sono nate nel nostro Paese 275.000 nuove imprese, con oltre 80.000 nuovi imprenditori che hanno meno di 35 anni, e 1.256 start-up innovative. Buone sono quindi le prospettive di vedere una maggiore crescita dell'e-commerce anche per il Made in Italy, anche se rimane necessario rispettare le regole sulla protezione dei dati. "La privacy sta diventando un tema sempre più sensibile e soprattutto trasversale rispetto a tante tecnologie ICT, e la richiesta delle aziende e del nostro pubblico è sempre più quella di tutelare i dati personali, ma anche i dati strategici per il business - afferma Federico Lagni, Co-Founder & Event Manager del festival ICT, che si svolgerà a Milano l’11 novembre - Per questo motivo, quest'anno abbiamo deciso di dedicare maggiore spazio alla data protection, e grazie alla partnership con Federprivacy anche a questa terza edizione dell'evento affronteremo le tematiche della privacy in chiave strategica e innovativa rispetto ad altri eventi del settore ICT che purtroppo continuano a presentare le tematiche privacy come un mero aspetto burocratico." Anche se i fatturati del commercio elettronico del Regno Unito non sono al momento alla nostra portata, per avere un'idea di quello che potrebbe fare l'Italia basta guardare quello che accade in Francia e Germania, dove il commercio online vale rispettivamente 56,8 mld e 70 mld, e in queste nazioni la figura del privacy officer è prevista dagli ordinamenti locali, mentre in Italia non è stata prevista dal Codice Privacy o da provvedimenti del Garante, e neppure esiste una norma tecnica. Ovviamente, come la carenza della banda larga non può fare da paravento, neanche l'attuale mancanza della previsione del privacy officer nel nostro ordinamento può essere una scusante per non avvalersene, tanto più che con la Legge n.4 del 2013 il privacy officer rientra nella riforma delle professioni non organizzate in ordini e collegi, e 1.000 sono i professionisti associati a Federprivacy, che dal 2010 ha promosso la certificazione della figura professionale con il TÜV Examination Institute, con 800 professionisti che hanno intrapreso il percorso di certificazione, dei quali già più di 200 hanno ottenuto il riconoscimento dell'ente bavarese. Firenze, 3 giugno 2015Ufficio Stampa FederprivacyEmail: press@federprivcy.itWeb: www.federprivacy.itTwitter: @FederprivacyMobile: +39 335 147.33.33