Declino

Giuseppe Conte, l'affondo di Feltri: "Capace di tutto, buono a nulla"

Vittorio Feltri

Se fosse stato istituito il premio “Coglione dell’anno”, senza dubbio Giuseppe Conte, avvocato e professore senza gloria, sarebbe tra i candidati più papabili alla vittoria. Il podio gli spetterebbe con lode e onore dal momento che in una unica mossa il foggiano è riuscito a produrre il massimo danno alla sua compagine e contemporaneamente il massimo beneficio a ognuno dei suoi nemici, i quali - astutamente - non si sono fatti sfuggire una occasione così ghiotta. Uscire dal governo adesso che si prepara una campagna elettorale sanguinosa dando la colpa ai grillini, ovvero accusandoli di disfattismo, e passando all'opposizione dove Giorgia Meloni continua a mietere consenso, è per Forza Italia, ma soprattutto perla Lega, formidabile opportunità. Se va bene, si va al voto anticipato; se va bene lo stesso, si prendono le distanze da un esecutivo a cui spettano ora pesanti oneri e che, nonostante le letterine di sostegno a Mario Draghi da parte delle corporazioni, è destinato a piacere sempre meno agli abitanti della penisola.

 

 

 

Per una sorta di legge del contrappasso, nel 2019 ad aprire la crisi che condusse alla caduta del primo governo Conte fu Matteo Salvini e furono i Cinquestelle a porre le loro condizioni: la Lega ha tradito e ormai è fuori gioco. Adesso è stato Conte a picconare l'esecutivo e sono i leghisti a porre le loro di condizioni: il M5s ha tradito e ormai è fuori gioco, quindi o si dà vita ad un nuovo governo Draghi senza cinquestelle o non votiamo la fiducia. Semplice e chiaro. Il leader leghista nell'estate del 2019 era forte di un felice risultato appena incassato alle europee, non temeva il ritorno alle urne, anzi lo auspicava. Nelle circostanze presenti, invece, il M5s possiede una unica certezza: qualora si andasse al voto, non dico che sparirebbe del tutto ma poco ci mancherebbe. Ecco perché non mi spiego con la logica, il buonsenso, neppure sforzandomi, questa azione sconsiderata dell'avvocato del popolo. Cosa sperava di ricavare Conte non votando la fiducia ad un governo di cui pure fa parte? Si illudeva forse che ne avrebbe ricavato potere, prestigio, autorevolezza, gratitudine, appoggio? Ha fatto il passo più lungo della gamba. Ed ora eccoci qui, alle prese con una crisi folle, assurda, bizzarra, senza senso, senza scopo, in quella che forse è la settimana più calda e infuocata dell'estate 2022, settimana che ricorderemo anche per il picco dei contagi e non solo per il picco di insofferenza da parte degli italiani i quali, come noi addetti ai lavori, non hanno compreso un fico secco di quello che sta accadendo e soprattutto del perché Giuseppe abbia adottato tale condotta irrazionale.

 

 

 

Conte, il quale si è infilato in un vicolo cieco dal cui non può più essere estratto, è il classico buono a nulla capace di tutto. Ha fornito a Matteo Salvini il pretesto per sfilarsi elegantemente dal governo; a Luigi Di Maio, terrorizzato dal vincolo del doppio mandato che ne avrebbe determinato la non candidabilità alle prossime elezioni, il pretesto per sfilarsi dal M5s, fondando un partito tutto suo; agli italiani la possibilità di liberarsi del M5s, che dall'inizio della legislatura, in tempi record, ha calpestato, uno ad uno, ogni suo valore originario e ribaltato ogni posizione precedentemente sostenuta. Credevamo che il Movimento fosse stato fondato da un comico, poi abbiamo scoperto che è composto da individui privi di serietà che si proponevano di abbattere la casta e poi sono diventati la casta, una casta strenuamente abbarbicata al potere, tanto che fanno la crisi al governo di cui sono parte integrante ma non scollano le chiappe dalle poltrone di ministro. Forse tutto questo caldo ha dato alla testa.