Casta
Vittorio Feltri, questa politica è diventata un affare privato: lo schiaffo a (tutti) i leader
Nonostante la nostra Costituzione definisca il presidente del Consiglio primus inter pares, rendendo in tal modo la sua figura omogenea rispetto ai suoi ministri, dunque non gerarchicamente superiore, e stabilisca altresì che la fiducia delle Camere è votata al governo nel suo complesso, sulla base e in considerazione del suo programma, e non alla persona del premier, nella prassi si è imposta una applicazione, o visione, distorta di queste regole e procedure, evidente in queste ore più che mai.
La gente scende in piazza per sostenere Draghi e non il governo Draghi, le associazioni scrivono a Mario Draghi affinché permanga al suo posto e non all'esecutivo Draghi, i giornalisti stessi ci propongono i fatti come se il destino della Italia dipendesse da ciò che Mario Draghi sceglierà di fare. Insomma, il ruolo di presidente del Consiglio, mai come oggi, ha assunto una connotazione personalistica che non dovrebbe assolutamente esprimere.
I poteri e le funzioni di premier erano già in qualche modo tracimate al di là del perimetro fissato dalla Carta quando fu designato Giuseppe Conte e poi nominato. Infatti, egli stesso, non solo i partiti che lo avevano introdotto sulla scena, si propose pubblicamente come una sorta di mediatore tra le componenti politiche (avverse) del governo di coalizione che si accingeva a presiedere. Una sorta di arbitro, insomma, o di mediatore, o di consulente familiare, o terapista di coppia, attività che non spettano di certo al presidente del Consiglio. È stato proprio l'altissimo livello di scontro politico dovuto ad una generale assenza di contenuti, unito ad una legge elettorale dannosa, a produrre distorsioni che non dovrebbero sussistere.
Oggi la Nazione intera, come se fossimo in un regime presidenziale, acclama Draghi, supplicandolo di non andare a casa per non lasciarci nelle mani di inetti della cosa pubblica, che hanno bisogno di una personalità esterna ed estranea, autorevole e diffusamente stimata nonché neutrale, al fine di stare insieme senza compromettersi, dichiarando di essere alleati per esigenze contingenti ed urgenti. Oggi si vota la fiducia al governo Draghi e non a Mario Draghi, vorrei ricordarlo, eppure sono sicuro che i titoloni dei giornali di oggi faranno intendere il contrario. In effetti, e qui spezzo una lancia a favore dei colleghi, questa ha tutta l'aria di essere una battaglia tra Conte e Draghi, ma anche tra Conte e Matteo Salvini e tra Conte e Matteo Renzi, colpevoli gli ultimi due di avere arrecato un'offesa che il foggiano si è legata al dito, ovvero quella di avere determinato la caduta di entrambi gli esecutivi da Giuseppe guidati. Ormai la politica è diventata un fatto squallidamente personale.
E per orgoglio personale Conte si è adoperato in una azione che nulla possiede di strategico e che sta annientando solamente lui stesso, avvantaggiando i suoi avversari, ovvero quel centrodestra che, se pur tutto non ha interesse a correre subito alle elezioni, considerato che parecchi parlamentari perderanno il posto, non ha motivo reale di temerle, dal momento che la coalizione di destra è destinata, stando ai sondaggi, ad avere la meglio. Ci auguriamo di ritornare presto all'applicazione genuina delle regole costituzionali: la maggioranza parlamentare dà la fiducia (o meno) al governo e al suo programma, non alla persona che è nominata al suo vertice.