Crisi politica
Leggendo la stampa estera fatico ad intravedere la luce in fondo al tunnel. L’analisi di Andrea Pasini
La stampa internazionale sta seguendo con interesse la crisi di governo in atto in Italia. Celebri testate come l’Economist, La Vanguardia, Bloomberg e l’Europeiska Pravda stanno raccontando la fine dell’esecutivo guidato da Mario Draghi. Il giornale inglese fa ironia sul nome del nostro premier e si chiede se è tempo di «game over» per il nostro super Mario.
Secondo le ricostruzioni dell’Economist, dopo il rifiuto dei senatori del M5S di sostenere una mozione di fiducia al suo governo, Draghi avrebbe provato a dimettersi senza riuscirci, in quanto un governo nuovo o un rimpasto non sono alternative promettenti per l’Italia o per l’Europa, specialmente con oltre 200 milioni di euro in gioco con il Pnrr.
Bloomberg parla di un’Italia sull’orlo del caos, mentre Le Monde spiega come i mercati stiano già reagendo all’incertezza sul futuro del governo Draghi con la borsa di Milano a meno 3% e il costo del debito dell’Italia ripartito alla grande.
L’austriaca Die Press teme un possibile contagio dell’instabilità italiana, sottolineando come Draghi abbia garantito una relativa stabilità ed efficienza in Italia e rassicurato i suoi partner. Una sicurezza che ora sta venendo a mancare.
La Vanguardia spagnola non usa mezzi termini e dice che questa crisi è l’ultima cosa che dovrebbe succedere in un paese del G7, nel mezzo di una guerra in Ucraina, con un’inflazione record, i prezzi della benzina alle stelle, il rischio che Mosca tagli il gas e una siccità storica. Il Paìs punta invece il dito contro il Movimento Cinque Stelle, primo colpevole della crisi, e parla di una decisione politica e forse anche personale.
La stampa di Kiev risulta molto preoccupata in quanto Draghi è da sempre stato uno dei principali sostenitori dell’Ucraina, che ha continuato a sostenere il paese nonostante la lobby russa e gli attacchi informatici.
La Russia coglie invece l’occasione per puntare il dito ancora una volta contro l’Ucraina, incolpandola della crisi di governo. Sia il britannico Boris Johnson sia la estone Kaja Kallas sia Draghi hanno visitato l’Ucraina e hanno promesso al regime di Kiev sostegno a tutto tondo, si legge sui giornali russi quasi ci fosse un rapporto di causa effetto tra i viaggi nel paese invaso dalla Russia e le rispettive crisi.