Roma brucia
Roberto Gualtieri, Vittorio Feltri: perché il sindaco Pd è peggio di Nerone
Roberto Gualtieri avrebbe dovuto superare colei che lo ha preceduto, ovvero Virginia Raggi, facendo meglio di lei, ma per ora ha superato soltanto Nerone: da un mese Roma è in fiamme come non avveniva da millenni. Dal 15 giugno sono già quattro gli incendi di grandi proporzioni. L'ultimo, quello di sabato scorso divampato in tre autodemolitori al Casilino, ha reso il cielo un tetto caliginoso e opprimente. La nube nera, probabilmente tossica, era visibile a parecchi chilometri di distanza e ha reso l'aria irrespirabile, tanto che per limitare o contenere i danni alla salute la popolazione è stata in parte evacuata e tutta è stata invitata a indossare i dispositivi di protezione individuale. Insomma, un vero e proprio inferno, come se questa estate, tra siccità, guerra, inflazione, non ci avesse già riservato parecchi fastidi. Il sindaco dem specifica, a proposito degli incendi: «C'è la mano dell'uomo». Una maniera come un'altra per lavarsene le mani. Ma a noi sembra che la mano dell'uomo sia piuttosto mancata dato che è l'incuria imperante a fare sì che la capitale assomigli ad una enorme discarica a cielo aperto, o ad una giungla, che sempre più spesso va a fuoco.
Vi regnano disordine, sporcizia, degrado, rifiuti, animali selvatici che rovistano tra montagne di spazzatura lasciata a marcire sui marciapiedi impraticabili. E, in assenza di buonsenso, di una mano avremmo pure bisogno per risollevare l'urbe eterna, però non quella dell'uomo, bensì quella di Dio.
Pare che solamente un intervento divino possa fare risorgere quel luogo martoriato dalla pessima politica. I sindaci succedutisi alla guida dalla capitale, dopo campagne elettorali in cui proclamavano che avrebbero segnato un nuovo corso riportando l'area alla sua epoca d'oro, sono stati fallimentari uno più dell'altro.
Sembra che facciano a gara a chi fa peggio. E in questo sono molto competitivi, ci tocca constatarlo. Sarebbe bastato, per risolvere la gran parte delle problematiche che affliggono i romani, dotare la nostra capitale, che è tra le metropoli più popolose d'Europa, di un termovalorizzatore che ancora manca e di cui si comincia a dire che forse forse sarà pronto nel 2025. In fondo, costruirlo non sarebbe stato nulla di complicato. Eppure nessuno ha realizzato questo banale e necessario obiettivo. Evito volentieri di recarmi a Roma per risparmiarmi il dolore di vederla nelle condizioni umilianti in cui versa, nello stato di abbandono e di inciviltà che danneggia l'immagine della Italia intera nel mondo. Noi italiani abbiamo questo vizio qui: ci culliamo sovente sui nostri pregi, che non sono pochi, trascurando di migliorare, di svilupparci, di crescere. Roma è esempio emblematico di questa pericolosa tendenza. Si crogiola sulla sua ineguagliabile bellezza, sul suo glorioso passato di cui le tracce sono ad ogni passo sotto il nostro sguardo perennemente meravigliato, tuttavia essa non si proietta in avanti, verso il futuro, non evolve, semmai involve.
Del resto, la capitale non è più quella che era decenni addietro. Durante il servizio di leva, abitai nel cuore della metropoli e tutto allora era fulgido e pulito e funzionava alla perfezione. Erano gli anni Sessanta. Cosa diavolo accadde in seguito? Ancora non lo abbiamo capito. Però se interroghi coloro che adesso, investiti dall'elettorato di questo compito, amministrano la capitale, ti rispondono che la colpa è di chi li ha anticipati. Da troppi lustri oramai è sempre colpa di chi c'era prima.
Può darsi che sia così, certo, ma senza ombra di dubbio è responsabilità di chi c'è ora quella di rimboccarsi le maniche e compiere qualcosa.