Il commento
Petro Senaldi, la sfida dei caloriferi: non si vince la guerra contro Putin con il sedere al caldo
Dove Greta ha fallito, la spunteranno i carri armati russi. Il governo ha fatto sapere che l’Italia ha due mesi di autonomia senza comprare il gas. Roberto Cingolani, ministro della Transizione Ecologica, lo ha annunciato con tono rassicurante, ma la notizia ha invece destato allarme, tra imprese e cittadini; le prime preoccupate di dover interrompere la produzione, i secondi di prendere il raffreddore se il riscaldamento globale non porterà in fretta i tepori primaverili. Il tema dell'energia è centrale nella crisi ucraina. L'Occidente punta tutto sulle sanzioni economiche per piegare i russi, che non ipotizza neppure di sfidare sul campo, un po' per scongiurare la degenerazione del conflitto armato in guerra nucleare, molto perché di morire per il Donbass nessuno ha voglia a ovest del Mar Nero. Mosca lo sa e perciò ha equiparato le sanzioni a un atto di guerra, etichettandoci di conseguenza come nemici. Solo che la sanzione che farebbe più male al regime, l'interruzione dell'acquisto dell'energia, non abbiamo intenzione di vararla e perciò ci troviamo nell'eccezionali condizione di chi dà un miliardo al giorno al nemico, mentre ai nostri alleati ucraini ci limitiamo ad allungare sottobanco armi per un valore cento volte inferiore.
CONTRADDIZIONE
È la più grande contraddizione di questa guerra, che l'Europa si è trovata a combattere dall'oggi al domani, facendosi trovare impreparata benché essa fosse attesa. L'Unione si è mobilitata come non mai, soprattutto a parole, più che per amor di democrazia per il grande spavento di avere sotto casa gli eserciti di un autocrate, forse impazzito, dotato di potenza nucleare e che nessuno sa quando e se sia intenzionato a fermarsi. Solo che la reazione nei fatti non è proporzionata né all'indignazione né alla paura. È sacrosanto invocare la pace. Comprensibile, pure se velleitario, puntare sull'economia cercando una rivolta interna che ribalti il dittatore. Quello che però agli italiani ancora non è chiaro è che nessuno ha mai vinto una guerra senza militari sul campo e per di più pagando il rancio e le munizioni al nemico. Qualcuno prova a dirlo. L'ex amministratore dell'Eni, Paolo Scaroni, suggerisce di abbassare i riscaldamenti. Pare che se li riduciamo di quattro-cinque gradi dimezziamo i viveri a Putin. Tuttavia per ora quelli che comandano a Roma fanno orecchie da mercante. Non è che non abbiano capito l'idea, sono solo timorosi che più abbassano i caloriferi, più in Italia aumentano i tifosi di Putin e che ai primi razionamenti la maggioranza sia pronta a cedere al nemico l'Ucraina e, se Putin ce lo chiede per favore, pure la Moldavia, che tanto nove cittadini su dieci non saprebbero neppure indicare sul mappamondo. Per ora la guerra viene grossolanamente utilizzata a uso interno. Lo fanno tutti, i migliori come i peggiori. I no vax si sono scoperti tifosi di Putin e si indignano perché ai profughi ucraini non vengono chieste le tre dosi per varcare il confine mentre loro, per il momento fino al 15 giugno, non possono neppure lavorare da casa.
IL GIOCO DI DRAGHI
Ma anche Draghi non è da meno. Supportato dal soldato Letta e da un manipolo di tassassini, il premier si è inventato un nesso tra guerra e proprietà immobiliare. SuperMario ha trasformato il via libera che il Parlamento gli ha dato per la guerra in un salvacondotto che gli consente di fare tutto quel che vuole, alla faccia dei partiti che lo sostengono. Prima mossa, la riforma del catasto: siccome Putin è un dittatore, alziamo le imposte sulla casa perché tanto gli italiani sono ricchi e, se possono permettersi di pagare una bolletta della luce raddoppiata, potranno pure sopportare il raddoppio dell'Imu. Buon elmetto a tutti, e state caldi finché potete.