Ucraina, Antonio Socci e l'Italia contraria a inviare armi a Kiev: l'altro fronte (che la pensa come il Papa)
«Forse dovremmo smetterla di dire che la pace è tra i valori della sinistra italiana. Mi pare, al contrario, che la sinistra sia guerrafondaia». A emettere questa drastica sentenza è padre Alex Zanotelli, simbolo del pacifismo italiano, in una intervista al Fatto quotidiano. Ed ha ragione, perché stavolta più che mai a calzare l'elmetto e suonare la carica è stato proprio il Pd. Un po' perché certi post comunisti devono far dimenticare di essere stati comunisti al tempo dell'Urss e dunque si "arruolano" fra i più oltranzisti fanti della Nato (fanti da salotto, ovviamente, non da trincea). Un po' perché il segretario Letta punta visibilmente a farsi notare in ambienti Usa come un fidatissimo e acritico paladino e finisce per essere più estremista della leadership americana. Infatti lui per primo, alla Camera, il 25 febbraio, ha invocato l'invio di armi in Ucraina e il Pd, capeggiando il partito della guerra, ha "trascinato" tutti. Con la Ue che ha messo fine alla favola dell'Europa pacifica e pacifista. Inviare armi non cambierà le sorti della guerra, ma di certo butta benzina nell'incendio, aumenta il rischio per le vite umane, contribuisce a prolungare il conflitto e di fatto porta anche l'Italia in guerra. Proprio quello che ci voleva dopo il Covid? Nel clima intossicato dal bellicismo del partito della guerra, chi nel centrodestra aveva dubbi si è silenziato per non essere bollato come "complice" di Putin (in guerra la prima vittima è la verità e la seconda la razionalità).
TUTTI D'ACCORDO, ANCHE IL PD
Ecco dunque un fenomeno inedito: all'unanimità i partiti in Parlamento approvano la decisione, già presa dal governo, di inviare armi. Unanimità mai vista per varare provvedimenti utili al popolo italiano. Tuttavia si è prodotto anche un altro fenomeno opposto ed egualmente clamoroso, sebbene passato sotto silenzio. Gli italiani, benché assediati da notizie belliche e chiamati alla mobilitazione psicologica, non l'hanno bevuta. Secondo un sondaggio pubblicato dal Domani, il 76 per cento è contro il sostegno militare alla guerra. Una bocciatura pesante della decisione del governo. Qualcuno del Palazzo l'ha notato? Non che gli italiani debbano essere presi in considerazione, non sia mai, ma il fatto che la schiacciante maggioranza di loro sia contro l'invio delle armi, mentre governo e parlamento, infischiandosene, prendono egualmente tale decisione rivela qualcosa. Dopo tutto il ciarlare sul distacco fra la politica e il paese reale, stavolta nessuno coglie questa enorme spaccatura fra il Palazzo e la stragrande maggioranza del "popolo sovrano" (che ormai pare solo una battuta). C'è chi dice che non è un vero ingresso in guerra, che governo e partiti vogliono solo «fare gli ucraini col Kiev degli altri» (Palombi), ma se così fosse sarebbe anche peggio: una "guerra per procura" standosene al caldo.
Oltretutto sarebbe anche illusoria, come ha provveduto a spiegare a tutti i paesi Ue il ministro degli esteri della Russia a cui non sfugge la differenza fra inviare aiuti umanitari (o strumenti di difesa) e inviare armi. Infatti - con ovvia suscettibilità - ha avvertito che queste decisioni «non resteranno senza risposta» (dopo aver sottolineato che contraddicono il documento del Consiglio Ue del 2008 sull'esportazione di armi). Il popolo italiano, sebbene abituato a non contare una cicca, è ben consapevole - a differenza dei suoi governanti - dei rischi che ora gravano su di esso. Infatti in quel sondaggio risulta che il 66 per cento teme le conseguenze economiche, il 55 per cento le possibili ritorsioni militari, il 75 per cento ha paura di un'escalation bellica che porti a una guerra mondiale (con l'uso delle atomiche teme l'80 per cento). In pratica gli italiani sanno che pagheranno per decisioni altrui, ma il governo, che ha preso tali decisioni, non ritiene nemmeno che gli italiani o il Parlamento abbiano diritto di sapere perché diversamente da Germania o Gran Bretagna - ha imposto il segreto su quali armi vengono inviate. Stefania Maurizi osserva che così non si protegge la sicurezza dei cittadini, ma si cerca solo di «ostacolare il dibattito pubblico sul fatto che l'Italia sta contribuendo all'escalation della guerra in Ucraina». Pure sulla spesa sembra si voglia tenere il segreto. Ma si parla di 200 milioni. Così abbiamo tagliato sanità e pensioni, non assistiamo persone con invalidità totale, bisognose di tutto, ma spendiamo per alimentare una guerra con le armi. Del resto dice padre Zanotelli su un ministro Pd: «Il ministro della guerra, Lorenzo Guerini, si è vantato di aver aggiunto altri 3 miliardi alla spesa militare. Così arriviamo a 30 miliardi l'anno. Davvero pensano di rendere il mondo più sicuro così? La mia bussola sono le parole di Papa Francesco: «Oggi, con la proliferazione di armi nucleari e batteriologiche, non può esistere una guerra giusta».
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MEGLIO IL NEGOZIATO
Il Papa era intervenuto sul tema anche nelle ore in cui governo e parlamento decidevano l'invio di armi, affermando che «le ragioni della pace sono più forti di ogni calcolo di interessi particolari e di ogni fiducia posta nell'uso delle armi». Del resto la posizione della Santa Sede è la più umana e realista. Al contrario di tutti i politici che soffiano sul fuoco, invoca il negoziato per raggiungere la pace che è possibile se si tutelano gli interessi di Kiev e di Mosca. E questo è precisamente ciò che desiderano gli italiani che nel sondaggio chiedono un sistema di sicurezza reciproca per la Ue e la Federazione russa (87 per cento) e un trattato per smilitarizzare l'Europa (81 per cento) con un accordo fra grandi potenze per cancellare armi nucleari da tutto il continente (90 per cento) e la riduzione degli arsenali nucleari. Anche analisti seri come Lucio Caracciolo mettono in guardia dal perdere tempo facendo procedere la guerra nella speranza di un colpo di Stato al Cremlino: così facendo «ammettiamo di aver mandato gli ucraini allo sbaraglio, salvando l'anima nostra al prezzo dei loro corpi. Ci rimettiamo alla saggezza di un generale o di uno spione russo. Difficile anche solo da raccontare a noi stessi».