Luna di miele finita

Mario Draghi, il retroscena: avvoltoi in volo sul premier, M5s e Pd preparano l'agguato per far saltare il governo

Il premier in Italia non è proprio come il pesce, che dopo tre giorni già puzza, ma alla lunga ne subisce la stessa sorte, più passa il tempo, più è indigesto. Quando Mario Draghi si insediò a febbraio, fece contenti quasi tutti. Il Pd, che non ne poteva più del decisionismo autoreferenziale di Conte e sperava, cambiando cavallo, di annettere moralmente e cancellare elettoralmente i grillini. Forza Italia,che tornava nella stanza dei bottoni passando per il portone principale. La Lega, che usciva dal ghetto dove
la propaganda anti-sovranista l'aveva cacciata e si riproponeva ai suoi elettori come forza di governo non solo territoriale. La Meloni, che sola all'opposizione poteva capitalizzare il malcontento, allargare il consenso e puntare a diventare primo partito. Renzi, che poteva bearsi del suo ennesimo capolavoro tattico, garantirsi un altro giro di carte e ottenere quella centralità che aveva sperato di ottenere, senza successo, con il governo giallorosso. Grillo, che come hanno mostrato le cronache successive aveva già iniziato a stancarsi di Conte. E pure molti grillini, da Di Maio in giù, in attesa di rilancio. Tutti felici sotto il grande ombrello di Super Mario, liberi di rigenerarsi e ridefinirsi. Solo Conte masticava amaro, e onestamente lo si può anche capire.

 

 

 

 

 


STILE INAPPELLABILE - Sono passati cinque mesi, Draghi ha fatto quel che poteva, cioè non i miracoli. Ha vaccinato, ha ottenuto i primi soldi dall'Europa e presentato un piano di utilizzo degli aiuti inappuntabile, ha licenziato Arcuri e un'altra serie di macchiette giallorosse. Soprattutto, ha commissariato i partiti, a destra e sinistra, con un stile di governo monocratico, educato ma inappellabile. All'inizio è andato tutto bene, perché i partiti erano vittime di un doppio choc, Conte più il Covid, un uno-due capace di stendere chiunque. Quando l'Italia ha cominciato a riaprire e il cielo a rasserenarsi, i leader in miniatura che popolano il Parlamento si sono rianimati. La circostanza che all'inizio del prossimo mese scatti il semestre bianco, periodo nel quale non si può andare a elezioni, ha trasformato tutti in cuor di leone. È scattata la campagna elettorale e ognuno pianta la sua bandierina, incurante se essa finisca nel cuore del governo. Sono iniziati i problemi. La nostra giustizia non funziona, l'Europa ci chiede una riforma che ne sveltisca i tempi, il ministro Cartabia si industria in uno slalom metagiuridico per non umiliare i grillini cancellando la prescrizione, eppure Conte e drappelli pentastellati minacciano di far saltare tutto, e chi se ne importa se poi saltano anche i soldi dell'Europa. Il Covid non è battuto, i contagi sono raddoppiati in una settimana perché oltre il 30% degli italiani non vuole vaccinarsi. Il governo medita di introdurre stimoli alla profilassi, prevedendo limitazioni agli spostamenti e alla vita sociale a chi non si è fatto due dosi. Anche qui i grillini salgono sulle barricate, in compagnia dei Fratelli d'Italia e dei leghisti, anche se la loro pare un'opposizione meno ferma. Altro capitolo è l'immigrazione. Draghi ha posizioni europeiste: entra chi è in regola. Si è recato in Libia per rinnovare gli accordi che limitano le partenze, ma la sinistra sta provando in ogni modo a rovinargli il gioco. L'obiettivo è far saltare i finanziamenti alla Guardia Costiera libica, con la scusa che non si tratta di stinchi di santi. Effetto immediato sarebbe un'invasione che metterebbe Palazzo Chigi contro la Lega. Sempre in tema di diritti, c'è poi la telenovela della legge Zan. Il Pd vuol imporla a dispetto del Vaticano, della maggioranza degli italiani e anche di quella dei parlamentari. Rifiuta ogni mediazione con pretesti. Draghi ne sta lontano, ma lo scontro è totale e avvelena inevitabilmente il clima. Infine c'è la Rai. Il premier ha fatto le sue nomine, ma all'indomani i magistrati Il premier Mario Draghi hanno aperto un'inchiesta contro Renzi che lambisce la presidente in pectore Marinella Soldi, che avrebbe pagato troppo l'ex premier. I maligni sostengono che sia un segnale della magistratura, per far capire a Palazzo Chigi che la Cartabia così non va. Cosa sta succedendo? La sensazione è che il Pd abbia fallito nell'intestarsi Draghi. Preoccupato di inseguire i grillini, Letta si è perso il premier. In cambio, ha vinto la rappresentanza degli extracomunitari, del mondo arcobaleno, dei giustizialisti, di chi cerca di mettersi di traverso ai provvedimenti economici necessari per far ripartire il Paese. Minoritario in tutto, scalpita per inserire i suoi uomini nei gangli del potere e della burocrazia statale, in modo che, se il centrodestra, come probabile, vincesse le prossime elezioni, troverebbe nelle istituzioni e nella macchina statale ostacoli insormontabili per governare. La battaglia di Letta è ostacolata da Renzi, che cerca di guadagnare posizioni e strizza l'occhio a Salvini per ottenerle. Questo però rende la corda che tiene insieme il governo troppo tesa per reggere a lungo.

 

 

 




RESTA NEUTRALE - E il premier? Non si fa etichettare e resta neutrale. Certo non sembra il tipo disponibile a farsi logorare. La via d'uscita ce l'ha: il Quirinale, un'opzione alla quale il Pd non potrebbe opporsi senza far cadere il governo. Per Letta, Draghi al Colle sarebbe una sciagura. I dem infatti ritengono di avere un diritto naturale alla presidenza della Repubblica e stanno attaccando su tutto anche per sbarrare la via al governatore, senza rendersi conto che così, forse, gliela spianano. Gli avvoltoi giallorossi si sono alzati in volo. Quello che rassicura è che però stavolta non hanno una rotta, sono guidati solo dall'istinto ideologico e dalla brama di potere, accompagnata dall'ansia di perdere quel poco che gli resta. Due pessimi consiglieri.