Popolo sotto tutela
Coronavirus, Vittorio Feltri sul post emergenza: "Gli italiani si sono arresi, non amano più la libertà"
Un uomo libero non è in perenne attesa che lo Stato gli conceda gentilmente i diritti, uno alla volta, a capocchia di chi sta al potere. Quei diritti, l'uomo libero sente di averli sempre avuti, fin dal primo respiro su questa Terra. Per questo l'enfasi sui diritti delle minoranze (alcune delle quali inventate di sana pianta) è sempre spiacevole. Lo Stato, su nostro mandato, ha il compito, tra le altre cose, di far osservare leggi universali, che non ammettono eccezioni. I diritti di cittadinanza delle democrazie liberali sono intoccabili. Ma tutto il resto? Bisogna sempre considerare che la tutela delle minoranze implica inserire delle eccezioni nelle norme correnti. In questo modo, però, si fa un enorme passo all'indietro, consegnando allo Stato il dovere di discriminare e scegliere, a suo piacimento. In nome della giustizia, una giustizia relativa, si introduce in realtà l'arbitrio. E l'arbitrio è incompatibile con la nozione stessa di giustizia. Non voglio tediarvi. È solo per dire che il mondo, quasi inconsapevolmente, sta rotolando in una brutta direzione, che speravamo di aver archiviato con la fine della Seconda guerra mondiale, che ha spazzato via i totalitarismi neri, e con la fine della Guerra fredda, che ha spazzato via (o quasi) i totalitarismi rossi.
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UN PESO INSOPPORTABILE
Invece lì stiamo tornando. Con le buone maniere del politicamente corretto, che celano l'orrenda verità: il mondo occidentale non vuole più saperne della libertà, è un peso insopportabile, un esercizio troppo faticoso. Il mondo occidentale vuole direttive da osservare, su tutto, desidera sapere quali parole si possono usare e quali sono fuorilegge, quali opinioni sono ammesse e quali sono da punire. Non tollera di dover decidere da solo, giorno dopo giorno, vuole una tavola delle leggi che regoli la vita dalla nascita alla morte, e possibilmente anche le singole giornate. Insomma, l'uomo evoluto, europeo e americano, chiede di tornare indietro, e di lasciare allo Stato le decisioni più importanti. Com' è iniziata questa storia? Posso azzardare una risposta, ricordando che non è semplice giudicare i processi sociali nei quali siamo osservatori ma anche osservati, parti in causa, insomma. Si potrebbe dire che gli anni Sessanta sono stati uno spartiacque. Prima, la vecchia sinistra ideologica si occupava prevalentemente di lavoro. Era vicina al mondo operaio e in misura minore a quello contadino. Dopo, la nuova sinistra mette l'accento, nel modo sbagliato, sui diritti e si trasforma in un partito radicale di massa. Il suo elettorato cambia completamente: i proletari, che non esistono più, votano a destra, devono ancora fare i conti con la serva e vedono, c'è scritto sulla busta paga, quanto costa loro mantenere un Welfare che spesso è inutile: si va alla guardia medica, e poi si paga comunque uno specialista, se appena è possibile. I borghesi benestanti, e i dipendenti statali, se ne fregano del lavoro: o sono ricchi o hanno uno stipendio garantito, per quanto poi possa risultare basso. A loro interessano i diritti, l'evoluzione dei costumi, cose dique sto tipo. Il movimento studentesco ha avuto come principale risultato di buttare via le antiche tradizioni, bollate come inutili o retrograde. Butta via questo, butta via quello, il risultato è che siamo tutti uguali, ma nel senso di omologati. In questo modo siamo funzionali al mercato che ha bisogno, per essere efficiente e incassare, di un cliente tipo, non può inseguire tutti i rivoli e tutti i gusti. Così la rivoluzione esce dalle piazze per entrare, come sostie ne il grande filosofo Augusto Del Noce, nelle camere da letto. Sarebbe anche divertente, ma sotto, come abbiamo detto, c'è una fregatura.
EVVIVA IL CONFINAMENTO
Un altro esempio di questo senso di noia nei confronti della libertà è stato offerto dal periodo di confina mento dovuto al Coronavirus. Possiamo senz' altro ammettere che fossero urgenti misure piuttosto drastiche e che purtroppo passare per il Parlamento comporti una certa perdita di tempo prezioso. Però ci siamo subito abituati a vivere prevalentemente in casa e isolati. Ogni giorno dovevamo ascoltare le lodi dello smart -working (un'altra fregatura per i lavoratori, scommettiamo?) e piegarci a cedere la nostra libertà di movimento. Piegarci è la parola giusta, visto che i trasgressori erano multati e inseguiti con i droni. Insomma, tutto sommato la quarantena è stata presa sportivamente, un governo disastroso è andato avanti a comandare con decreti amministrativi di dubbio valore legale, ma niente, tutti contenti. I professionisti, i piccoli imprenditori, le partite Iva, i ristoratori hanno pagato il conto per tutti, essendo vietato loro di aprire le attività: soddisfazione generale, finalmente gli «evasori» sono puniti (è toccato leggere anche questo). L'impoverimento generale è stato incredibile ma non si sono registrate particolari reazioni. Che tristezza, quando un popolo smette di amare la libertà.