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Centrodestra a Roma, Pietro Senaldi: "Due candidati meglio di uno. Gli altri fanno peggio"

Pietro Senaldi

e della Federazione, che ancora non è stata suggellata ma già ha espresso unita il proprio candidato. Il centrodestra nel vertice di ieri è riuscito a individuare l'aspirante sindaco di Roma. La scelta è caduta su un ticket, Enrico Michetti primo cittadino e Simonetta Matone sua vice. Lui è un avvocato, professore di diritto degli Enti Locali a Cassino, non proprio Harvard, nonché opinionista star delle radio capitoline, e questa invece è tanta roba perché fanno più di due milioni di ascoltatori al giorno. Lei è magi strata di lungo corso, che ha avuto incarichi di governo in passato per i ministri Carfagna, Severino e Cancellieri, nonché affezionata ospite di Porta a Porta. Al primo turno la coppia parte quattro punti avanti al candidato della sinistra. Al ballottaggio se la gioca. Se sarà contro la Raggi, gli esperti dicono che le chance di vittoria sono di più. Alla fine la decisione salomonica è la più giusta. Due candidati è meglio che uno, parafrasando la pubblicità di Stefano Accorsi di oltre 25 anni fa del Maxibon. Nella città di Giorgia, convintissima di Michetti, che fino a pochi mesi fa non conosceva e che le è stato portato in ufficio dalla sorella, Lega e Forza Italia hanno fatto un passo indietro ma tenuto il punto.

 

 

SCELTA VALIDA
C'è voluto del tempo, ma la scelta è valida, come dimostra il fatto che la sinistra ha già iniziato la sua campagna di fango contro i candidati. Una volta Michetti disse che il Co vid è una forma influenzale, un'altra che bisogna piantarla di criminalizzare il saluto fascista. I candidati rossi passeranno i prossimi giorni a sbobinare le migliaia di ore di diretta del professore -speaker alla ricerca della frase fuori posto. Tutte balle. Al sodo, bisogna decidere da chi farsi governare. E qui possiamo dire che due candidati, ossia il ticket di centrodestra, è meglio che tre, ovverosia la consueta ammucchiata giallorossa con aggiunta del dissidente di mezza sinistra. Già perché, prima di concentrarsi sugli attacchi a Michetti, il sinistro trio Gualtieri, Raggi e Calenda ha provveduto a una vicendevole delegittimazione. L'ex ministro Pd si candida contro la Raggi perché, sostiene lui, lei ha governato male. Per i primi due anni e mezzo non ha fatto nulla, paralizzata dal terrore di sbagliare, e per gli altri ha tagliato tutto, con l'effetto di moltiplicare buche, rifiuti e cadaveri in attesa di sepoltura. L'economista dem le contrappone una ricetta vincente, l'opposto di quello che ha predicato per anni all'Europarlamento: aprire i cordoni della borsa, perché la capitale non è in rosso, è che spende male. L'avesse detto quando il governo stanziava fondi nazionali per salvarla.

 

 

SULLA PELLE DEI ROMANI
La sindaca si candida perché rispettare il vincolo grillino del doppio mandato, giammai. E poi, perché sprecare tanta fatica e gettare via un'esperienza fatta sulla pelle scarnificata dei romani, visto che solo da pochi mesi ha iniziato a raccapezzarsi? Lasciare il passo al Pd, benché alleato, significherebbe contraddire dieci anni di attacchi a testa bassa, e questo la signora lo lascia fare ai dirigenti grillini nazionali. Infine Calenda, che si candida perché gli fanno schifo tutti tranne se stesso. Ha il merito di essere sceso in campo per primo e aver teso la mano al Pd, sfidandolo a candidarlo. Quando parla pare un libro stampato, è alla prova dei fatti che nessuno lo vuol mettere; anche perché non va d'accordo con nessuno, tant' è che sono mesi che corre da solo, senza aver presentato la squadra, che però ci assicura è di ottimo livello. Grande ingorgo nella capitale, e poi dicono che nessuno vuol fare il sindaco di questi tempi...