L'ultimo canto
Massimo Galli, Pietro Senaldi picchia durissimo: "Me lo sono trovato davanti in tv, ecco come si è arreso". Il crollo del professore
Chicchirichì, si è svegliato anche il professor Massimo Galli. Dopo due settimane di letargo mediatico, che si è autoimposto per disintossicarsi dalle polemiche televisive con colleghi imprudenti, politici demagoghi e giornalisti incompetenti, l'esimio camice bianco del Sacco di Milano è riapparso in tv, serafico e ottimista. Me lo sono ritrovato di buon mattino all'Agorà, su Raitre, rilassato e sorridente, praticamente trasfigurato. Con burbera e paternalistica magnanimità, ha sotterrato l'ascia di guerra che talvolta aveva brandito verso Libero e ha annunciato che il virus ha abbassato la guardia. Lo ha fatto un po' a denti stretti, perché ammettere che il peggio è passato è una mezza sconfessione dei suoi vaticini catastrofisti, anche recenti, ma gli vanno riconosciute onestà intellettuale, sportività e un sorprendente buon carattere.
L'AMMISSIONE
«Avevamo il 10 per cento delle probabilità che, aprendo come abbiamo fatto, le cose migliorassero tanto rapidamente», ha sentenziato Galli, «non ci credevo, ma bisogna constatare che ci è andata bene». E se lo dice lui, che è il Massimo della prudenza e della permalosità scientifica, forse è il caso di crederci. Ci scherziamo su, perché la notizia è buona e perché le quotidiane, vibranti e inconfondibili, apparizioni catodiche hanno fatto del professore una star televisiva, relegando conseguentemente in secondo piano la sua indubbia autorità scientifica. Perciò, sbagliando, lo ascoltiamo con superficiale famigliarità piuttosto che con il sacro rispetto che incute un luminare. Tuttavia, quel che dice è una notizia. Udite udite, anche per l'idolo di Roberto Speranza, Giuseppe Conte, Marco Travaglio e di tutti i tifosi del più rigido lockdown, il peggio è passato. Quasi non vien da credere alle proprie orecchie. Sarà stato Mario Draghi a far cambiare idea al professore, che per ventura si trova sempre d'accordo con chi mena il torrone della politica, o viceversa? Né l'una né l'altra. Sono i vaccini che hanno immunizzato Galli dal pessimismo cosmico che lo infettava, e li hanno dipinto in volto uno sconosciuto, spiazzante sorriso. E da che ha dismesso i panni del pennuto del malaugurio, le parole dell'infettivologo ci arrivano più chiare e nette. «Attenti», ammonisce gli italiani dal suo studio che ormai è un set, «la battaglia non è vinta, il virus circola ancora, soprattuto tra i giovani, che sono asintomatici, e per questo non ce ne accorgiamo, perché non fanno i tamponi. Non abbassiamo la guardia e neppure la mascherina».
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DOPO L'ESTATE
Ha ragione il professore, che questa volta non dice che se molliamo e ci rilassiamo rischiamo di tornare a cinquecento morti al giorno, come ebbe a profetizzare solo un mese fa. L'estate è tempo delle cicale, ma non dobbiamo fare come l'anno scorso, anche se siamo sulla cattiva strada. Non va sprecata la bella stagione, ricorda lo scienziato milanese. È giusto accelerare con le riaperture, se i dati lo consentono, ma a patto di prepararsi per non farsi trovare ancora una volta impreparati in autunno, quando il cambio di stagione favorisce il virus. «Perché l'immunità di gregge è lontana e dietro l'angolo ci sono le varianti, che il vaccino può non schermare». No, non è sadismo, tantomeno nostalgia di quando tutta Italia, tremando, pendeva dalle sue labbra, talmente fuori di sé da restare in piedi la notte per ascoltare le conferenze stampa di Rocco Casalino e Conte. Quella del professore è sincera e razionale preoccupazione. E ora che abbiamo finalmente un Galli dal volto umano, forse conviene ascoltarlo.