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Mario Draghi, la ripresa il vero banco di prova: solo col pugno di ferro eviteremo un pianto greco
E' giunto il momento per Draghi, anche se il metodo Erdogan non gli piace, di prendere decisamente in mano la situazione prima che, come ha dimostrato la vicenda AstraZeneca, gli sfugga. Perché il vero scoglio che il suo governo dovrà superare non è tanto l'emergenza Covid , ma la fase successiva quando verranno al pettine tutti i nodi dell'economia dopo la normalizzazione sanitaria, vaccini permettendo. Sarà quello della Ricostruzione-bis l'altro grande banco di prova dell'esecutivo perché "Supermario" , sia pure in salsa solo tricolore, dovrà lanciare un nuovo «Whatever it takes», costi quello che costi, per cercare di risollevare un "made in Italy" troppo provato da tre "blackdown" di seguito.
Crediamo che il premier potrà farcela a patto, però, di usare il pugno di ferro anche con la Commissione di Bruxelles come fece già dieci anni fa quando, dall'ultimo piano della Bce di Francoforte, evitò che tutta l'Unione, a cominciare dalla Grecia, fosse affondata dall'"iceberg" della recessione. Sto esagerando? Bastano pochi numeri per rendersi conto che, senza adeguate misure, la "fase due", quella della tanto auspicata ripresa, potrebbe trasformarsi in un nuovo pianto greco per il Belpaese, un pianto dirotto. Non possiamo più farci prendere in giro.
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TESORETTO
Tutti ricordiamo la faccia gongolante di Conte quando, solo qualche mese fa, annunciò che l'Italia avrebbe avuto da Bruxelles più di qualsiasi altro "partner" dell'Unione: un tesoretto di 209 miliardi. Gli fece eco la "first lady" europea, Ursula Van der Leyen, che sentenziò: «Con il Recovery Fund l'Italia può reinventarsi». Ma adesso sappiamo che così il governo giallorosso ha vissuto di rendita per un po': avevamo o non avevamo ottenuto più di tutti gli altri? Ma oggi scopriamo invece che rischiamo di essere sempre il fanalino di coda comunitario. Basta rileggere, infatti, i dati forniti dal Centro Studi di Confindustria.
Dall'analisi emerge chiaramente, senza parlare degli Stati Uniti, che le scelte per ripartire dell'Europa e dei singoli governi nazionali avranno un impatto diverso tra i Paesi del Vecchio Continente: se in Francia tale impatto sarà del 12 per cento rispetto al suo Prodotto interno lordo e in Germania del 9, in Italia si toccherà solo il 7,5 per cento del nostro Pil. Siamo, insomma, il solito fanalino di coda, alla faccia del Recovery : con questi chiari di luna, la ripresa ce la possiamo anche scordare. Ecco perché non abbiamo più bisogno di un Conte che rimescoli le carte come un prestigiatore. Oggi ci vuole un Draghi che assomigli molto a quello di dieci anni fa e che sia in grado di distribuire al meglio i finanziamenti che arriveranno dall'Europa. Non possiamo più fare "ammuina": con i falsi annunci abbiamo già dato.