Passo in avanti
Vaccino, Mario Draghi tratta in privato l'acquisto di Moderna: la telefonata che fa rumoreggiare l'Europa
Draghi si è messo a fare il Draghi e sta comprando maxi dosi aggiuntive di vaccino Moderna, l'azienda «creata» da Donald Trump che in un trimestre ci ha già fornito un milione e 320mila dosi come previsto dal contratto Ue. Mario Draghi era Draghi anche prima, mica era Conte: ma doveva prima rattoppare i danni o il nulla ereditato dal precedente governo, e, tra altre cose, doveva ri-predisporre un piano vaccinale degno di questo nome e il cronoprogramma ora previsto dal Piano Figliuolo: sicché la pista di lancio pare pronta e Draghi può finalmente, come si dice, fare ciò che dicono gli basti: alzare il telefono.
La notizia della trattativa è stata data da Repubblica, confermata dall'agenzia Reuters e, soprattutto, non è stata smentita da Palazzo Chigi, come altrimenti avrebbe fatto immediatamente, e questo basta. Non è noto il quantitativo di vaccini ordinati, si vociferano dati che è meglio non rilanciare: è certo che ci servono così come è certo che ci mancano, e il pasticcio che ha imposto limitazioni ad AstraZeneca ha reso ancor più urgenti approvvigionamenti che rischiavano di lasciarci scoperti già in questo aprile, come più fonti lasciavano trasparire. Il vaccino Moderna figura tra quelli di più sperimentata efficacia (94 per cento) e appartiene allo stesso genere di quello Pfizer (rna-messaggero) senza denotare caratteristiche che ne suggeriscano un uso specifico su determinate fasce di popolazione, e la trattativa di Draghi non confligge con gli accordi presi a suo tempo dalla Commissione europea, secondo i quali nessun contratto fatto separatamente da un singolo Paese deve rallentare la distribuzione prevista negli Stati membri.
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In tal senso un portavoce della commissione, evocato da Reuters ma neppure nominato, avrebbe ribadito l'ovvio, è cioè parolame vario: «Possiamo solo reiterare che nell'ambito della strategia vaccinale Ue sono proibite le trattative parallele», «vale il principio che si lavora assieme per evitare la competizione tra gli Stati membri», «non siamo al corrente dell'oggetto delle discussioni in corso riportate dalla stampa», roba così, lo stesso burocratese utilizzato a gennaio dopo che Angela Merkel aveva fatto sapere di aver già prenotato per via bilaterale (quindi oltre le quantità accordate a livello europeo) ben 55 milioni di dosi di vaccino extra: 30 milioni da BioNTech, 20 milioni da CureVac e cinque da Idt Biologika. Questo senza contare i vaccini che gli Stati possano aver prenotato tra quelli esclusi dal portafogli della Commissione, come il russo Sputnik o il cinese Sinopharm: l'Ungheria, per esempio, ha già autorizzato e somministrato il vaccino di Putin, e lo stesso, si dice, potrebbe presto fare ancora la Germania. Naturalmente anche per Moderna potrebbe spuntare chi scopra che nessun farmaco o vaccino sia esente al cento per cento da rischi.
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Dopo i casi di trombosi provocati in rarissimi casi da AstraZeneca, è già pronto uno studio spagnolo secondo il quale Moderna denoterebbe effetti collaterali maggiori rispetto a quello simile di Pfizer, e si parla di dolori, gonfiori, arrossamenti, affaticamento e brividi. Manca solo il segnalare che la puntura può far male. Tornando alla trattativa, pare evidente che Mario Draghi non ami Astrazeneca - non da solo - e questo per motivi che nulla hanno a che spartire con la questione degli effetti collaterali. Ma nell'incubatore delle polemiche rischia di entrare anche l'ennesima occasione persa dal governo precedente, quando, nella primavera scorsa, la Irbm di Pomezia invitò il governo a contattare l'Università di Oxford per condividere lo sviluppo e la proprietà del vaccino anglo-svedese: sarebbero bastati 70 milioni di euro per finanziare l'Università inglese e avere, oggi, la priorità sulle fiale AstraZeneca. Ma nessuno alzò il telefono. Un po' come accadde con Reithera, il vaccino italiano che alla fine della primavera scorsa prometteva benissimo (il vaccino poteva essere approntato per il gennaio scorso) tanto che persino il sonnolento commissario Domenico Arcuri alzò il telefono - incredibile - e cercò di convincere Giuseppe Conte affinché lo Stato entrasse nel capitale dell'azienda. Conte, evidentemente, si limitò ad ascoltare, nonché a perseguire i suoi obiettivi storici: il nulla. Alzare il telefono è importante, ma serve pure qualcuno che ti risponda.
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