Reclusi e scurrili

Lockdown, italiani esasperati e record di bestemmie: le statistiche snocciolate da Filippo Facci

Filippo Facci

Nella fascia di maggior ascolto televisivo ci sono reality dove sbattono in pubblico le loro scopate, le corna in diretta, quelle pregresse, le rivelazioni più private e intime, li vedi scaccolarsi o grattarsi il pacco, epperò ecco: se scappa loro una mezza bestemmia sono fuori, subito, espulsi all'istante, squalificati, banditi dalle tv generaliste a meno che non si facciano intervistare proprio per la loro bestemmia: e dev'essere un autoflagellante mea culpa da rendere pubblico a sua volta. Noi intanto siamo chiusi in casa, esasperati e forzati a guardare l'inguardabile in tv: e in compenso possiamo bestemmiare come camalli genovesi senza che la legge possa toccarci. Dicono che da qualche anno bestemmiamo molto di più, forse per la claustrofobia da virus che ci costringe nelle case (con mogli, figli e altri stimoli) o forse è solo che internet monìtora ciò che prima si ignorava bellamente. Comunque c'è una legge, o c'era. Microstoria: Bettino Craxi nel 1983 firmò il Concordato per cui la religione cattolica non era più di Stato, però la bestemmia restò reato penale sino al 1999 (art. 724) e soltanto dopo sfumò in sanzione amministrativa. A oggi è così: multa da 51 a 309 euro per chi bestemmia contro «la divinità» (quale?) ma nessuna sanzione per chi se la prende con la Madonna, i Santi e i profeti. Libertà assoluta anche per la stucchevole bestemmia eufemistica, tipo i vari diopovero, diocantante, diocaro o l'irraggiungibile e misterioso - sentito l'altro giorno - dio scolapasta. La Corte di Cassazione nel 2007 ha stabilito che è punibile la bestemmia anche sui social network. Di contro l'inutile Onu, nel 2014, si è espressa contro le sanzioni dicendo che rappresentano «una restrizione della libertà di espressione». Rapida occhiata al resto del mondo: il reato resiste in ben 72 paesi (variamente punito) ma i più sono teocrazie o nazioni come Iran, Egitto e Pakistan, dove, in certi casi, è prevista anche la pena di morte. Tornando tra la gente normale, vediamo che in Europa ci badano poco: quasi ultima, l'Olanda ha eliminato il reato di blasfemia nel 2012, seguita dalla Danimarca. In pratica resiste solo l'Irlanda ultracattolica, che ha deciso di inasprire le pene nel 2010.

 

 

 

Il finto pedagogico

Per il resto, altre informazioni: su youtube trovate raccolte di «bestemmie in tv» (campione irraggiungibile il compianto giornalista Germano Mosconi, ovviamente veneto) e nelle librerie online è pieno di compiaciute raccolte di moccoli e giaculatorie (sinonimi vocabolarici del termine bestemmia) e nel primo testo che compare c'è una copertina con un anagramma: «DI», poi il disegno di un'oca, poi «NE». Spicca il finto pedagogico «Bestemmie da colorare» che offre la seguente filosofia: «Non importa se sei caucasico o negroide, uomo o donna, o quante ore della tua vita dedichi alla devozione e preghiera: ci sono momenti (tanti, tantissimi) in cui l'unica cosa che ti può far veramente bene è una bestemmia detta con energia e grinta, urlata fino a far vacillare l'istituzione clericale». Altre informazioni: ci sono almeno rimasti i campi di calcio, non tanto quelli dove penosamente giocavamo a calcetto (chiusi per Covid) ma quelli di serie A, dove gli spalti vuoti fanno riecheggiare la comunicativa colorita degli atleti. Ancora: la sovrabbondanza di informazione inutile ha fatto sapere che un vicepresidente del consiglio regionale di Torino ha detto «Chiamparino è uno stronzo» dopo aver dimenticato il microfono aperto. Oppure, sempre a Torino, ci sarebbe un'indagine perché durante un cda dell'università statale sarebbe scappato un «vaffanculo» di troppo. Sempre bigotti, i piemontesi. Cioè: abbiamo un movimento politico che ha fatto del «vaffanculo» un reiterato manifesto politico ma ci sono quotidiani che continuano a scrivere «V» o al massimo «Vaffa», magari ignari che la Corte di Cassazione nel 2007 ha assolto un consigliere comunale di Giulianova (Teramo) dopo che aveva pubblicamente mandato a quel paese (affanculo) il vicesindaco durante un consiglio comunale: ci sono «parole e anche frasi che, pur rappresentative di concetti osceni o a carattere sessuale, sono diventate di uso comune e hanno perso il loro carattere offensivo», si legge nella sentenza. Il consiglio, nostro, resta di non approfittarsi degli aggiornamenti giurisprudenziali nel caso doveste essere fermati per un controllo stradale della polizia, e di non farlo, pure, con eventuali direttori di quotidiani di origine bergamasca.

 

 

 

La ricerca

Ci sarebbe una ricerca del tardo 2019 secondo la quale noi italiani spariamo 2,1 parolacce all'ora e «33,6 al giorno da svegli» (si vede che qualcuno bestemmia nel sonno). Nel 1992, anni di Mani pulite, sempre secondo la ricerca, ci fermavamo a 12,8, mentre, negli ultimi tre decenni, gli italiani - che svettano nelle classifiche internazionali della scurrilità, pare - sarebbero solo peggiorati: diciamo due terzi in più di volgarità tre volte più spesso, con le bestemmie quadruplicate. Trionfa l'organo sessuale maschile (il cazzo) che sui giornali mediamente viene scritto «c.zzo», capirai la differenza. Va alla grande anche «minchia» (si attende una sentita protesta delle boldrine di turno) mentre ormai anche cinema, radio e tv non si tengono più. Con tutti i dubbi che si possono mantenere sui numeri di una ricerca del genere (soprattutto sulla possibilità di censirli) va detto che la medesima è travestita da studio serio: deriva da un'indagine delle università di Bologna e Torino e andava ad aggiornare altri dati del Badip (Banca dati dell'italiano parlato) che erano fermi a 27 anni fa. Da allora ne sono passati di vaffanculo sotto i ponti. Per gli interessati: in turpiloquio risulta qualitativamente trasversale tra le diverse fasce di reddito, e la classifica di utilizzo vede primeggiare cazzo e minchia (una società chiaramente fallocentrica, insisto, allertare le boldrine) seguito, nell'ordine, dal declino di termini come mortacci, bernarda, bischero, culattone e pompino rispetto alla crescita prorompente di figata, scoreggia, soccmel e piscia. Segnalati come in crescita gli improperi sessisti contro le donne, o meglio, traduzione nostra: in crescita le parole che da ordinarie vengono considerate sessiste da un giorno all'altro.