Strappo
Mes, Giovanni Sallusti le canta a Renato Brunetta: "Salva i grillini e perde la faccia"
Diciamo che la sua è una versione mignon del gesto eclatante del Vate. «Vado verso la vita!», declamò D'Annunzio per spiegare il suo passaggio estetizzante e dadaista ante litteram dai banchi della destra a quelli della sinistra, nell'anno ipersimbolico 1900. Centoventi anni dopo, la piroetta di Renato Brunetta dalle fila del centrodestra a quelle del governo giallorosso potrebbe essere racchiuso in un meno letterario, ma decisamente pragmatico, «vado verso la sopravvivenza!». C'è infatti poco di politico anche in questo cambio d'umori brunettiano, con la differenza che nel precedente illustre si volava più in alto, qui la politica è negata per sottrazione, ci si dedica al cabaret.
Del resto, il Nobel mancato per l'Economia (parole sue) aveva preparato sapientemente il terreno. Pochi giorni fa aveva fatto sapere attraverso uno dei due principali house organ del governo, il Corriere della Sera (l'altro è Il Fatto, ma ormai sono indistinguibili) quanto Di Maio ricordasse uno dei suoi studenti più preparati, «uno a cui volentieri avresti fatto il relatore alla tesi di laurea». E, soprattuto, quanto avesse le stimmate del leader, «un leader vero, che non si discute». Ieri, il candidato sindaco trombato (due volte) di Venezia ha fatto un ulteriore passo verso la sua nuova collocazione, vicino al reggente che non regna Crimi, all'ex bibitaro novello De Gasperi per cui ha confessato l'"innamoramento politico", al Capocomico Beppe Grillo, nello Zelig a Cinque Stelle. Annunciando un intervento «in dissenso» dal suo partito (che poi è ora e sempre il partito di Berlusconi, senza cui nessun forzista avrebbe fatto nemmeno l'amministratore di condominio, Nobel mancati o no), si è lanciato in un'apologia della riforma del Mes sostenuta dal Movimento, il quale lanciava strali contro il Mes vecchio e nuovo fino a mezz' ora fa (ve l'abbiamo detto, rinunciate a decodificare quel che accade in Parlamento con gli strumenti della logica, è pura commedia dell'arte). Oggi, infatti, «siamo dentro un nuovo paradigma» (è il parolone che lorsignori usano quando edificano profonde tesi filosofiche sull'imminente cambio di casacca). «Il nuovo Mes rappresenta il ponte tra la vecchia Europa di egoismo e la nuova Europa solidale che sta per nascere», assicura l'europeista di rito dimaiano, ed è l'assicurazione che gli europeisti di qualunque rito ci ripetono da lustri, «l'Europa solidale» come il sol dell'avvenire che non sorge mai, mentre nella notte del continente Fräu Merkel dirige, impone, ammonisce.
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In ogni caso, l'eterno rivale di Tremonti (secondo lui, Tremonti non risulta abbia mai perso il sonno per la pressione politico-intellettuale dell'altro) conclude solenne: «Per queste ragioni, io non voterò contro la riforma del Trattato. Io voterò in dissenso dal mio partito. Il no alla riforma non sarà in mio nome». Ci si aspetta quindi un atto spettacolare, dannunziano del nostro, il voto esplicito insieme alle truppe demogrilline, la rivendicazione orgogliosa del voltafaccia. Mannò, deve mancare qualche dettaglio nella trattativa per entrare a pieno titolo nella pochade (sotto)governativa, l'ex socialista Brunetta si limita a una democristianissima non partecipazione al voto.
Al pari di altri 15 deputati forzisti, ma, come precisa un comunicato del gruppo, solo lui e Renata Polverini si sono eclissati «per ragioni politiche», ovvero per sottolineare (ma non troppo) lo strappo con il No del centrodestra al neo-Mes. Le altre assenze «erano preannunciate e giustificate per motivi di salute o personali». Ma sono annotazioni noiose, rispetto al Cabaret Brunetta, lui è già oltre, a twittare che «l'Italia rischia di rimanere isolata in Europa». Non preoccupatevi, ci pensano lui e lo «studente preparato» Giggino, a garantire il futuro dell'Italia come diciassettesimo Land della Repubblica Federale di Germania. Applausi, alla prossima gag.