Tutto più chiaro
Paolo Becchi e il referendum: "Perché Conte è il testimonial migliore per votare No"
Giancarlo Giorgetti, un nome che da sempre ha peso nella Lega, ha detto che voterà No al referendum sul "taglio" dei parlamentari. Salvini, pur lasciando libertà di voto, ha invece sinora manifestato una propensione per il Sì, visto che ha votato il "taglio" in Parlamento quattro volte su quattro, insieme a tutti i suoi parlamentari, in nome del contratto di governo dell'allora esecutivo giallo-verde. Presto i giornaloni hanno fantasticato su una divisione profonda nel partito. Balle. Giorgetti ha lanciato un messaggio sicuramente condiviso da Salvini che sinora ha preferito insistere sulla coerenza personale. Ma questa coerenza, a nostro parere, poteva andare bene fino a qualche tempo fa. Ora la situazione è cambiata. Il coronavirus ha mostrato un "metodo di governo", uno strumento di esercizio del potere che getta nuova luce sul "taglio" del numero dei parlamentari. Durante la Fase 1 dell'epidemia, ma in realtà anche dopo, la vittima eccellente del virus è stata il Parlamento. Il governo emanava i decreti-legge coi quali autorizzava se stesso a limitare i diritti e le libertà fondamentali costituzionalmente garantite, il presidente del Consiglio agiva con semplici Dpcm, atti amministrativi privi di forza di legge. Il Parlamento è stato chiamato soltanto a convertire in legge i decreti-legge dell'esecutivo. Un mero ruolo di ratifica.
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L'emergenza - Da marzo in avanti il Parlamento, da organo centrale dell'assetto istituzionale repubblicano, si è trasformato in una sorta di "notaio in differita". Insomma, l'"antiparlamentarismo" è diventato realtà effettiva e tutti abbiamo visto cosa significhi per la tenuta democratica di un Paese. Siamo dunque sicuri che proprio ora, in questa nuova situazione di emergenza democratica, la cosa migliore sia quella di ridurre il numero dei parlamentari? Quando una situazione cambia, addirittura radicalmente, anche alcune idee e posizioni possono cambiare, altrimenti si finisce col commettere errori imperdonabili per l'incapacità di non aver saputo leggere - in tempo - i cambiamenti in corso. L'epidemia non s' è portata via solo le libertà individuali, ha colpito anche il Parlamento: Camera e Senato di 945 membri sono stati confinati a mero ruolo di "ufficio protocollo" del governo. Approva e taci, c'è l'emergenza! E se un Parlamento di 945 componenti viene esautorato dal governo come avvenuto da marzo in poi, senza che le Camere abbiano avuto alcuna forza per opporvisi, cosa accadrà ad un Parlamento di 600 membri, "eletti" dalle segreterie di partito attraverso il sistema dei listini bloccati? Non a caso proprio pochi giorni fa Pd e M5s hanno adottato in commissione alla Camera il testo base della nuova legge elettorale, il Brescellum, che aggrava gli effetti dell'eventuale "taglio" dei parlamentari: meno rappresentanti e pure nominati. La situazione di oggi è dunque completamente diversa da quella dell'ottobre scorso o di sei mesi fa. Bisogna prenderne atto. Di fronte al radicale mutamento della situazione e alla grave emergenza democratica in cui versa attualmente il Paese, ci manca solo la riduzione del numero dei parlamentari che colpisca ciò che più è mancato durante il lockdown: la democrazia parlamentare.
La svolta - Proprio in questi giorni Salvini dovrebbe - a nostro avviso - prendere posizione e sostenere pubblicamente il No. Lasciare libertà di voto, come di fatto sta facendo, è già qualcosa, ma non basta. Se Zingaretti ha cambiato idea, avendo votato in Parlamento contro il "taglio" tre volte su quattro, e sostenendo ora il Sì come Conte e Di Maio, per quale motivo Salvini - a fronte di una situazione completamente mutata - non potrebbe sostenere il No? Se il leader della Lega rompesse gli indugi e chiedesse a nome dell'intero centro destra - dopo ovviamente averlo concordato con gli alleati - di votare contro il "taglio", l'intero elettorato di centrodestra si mobiliterebbe domenica e lunedì per votare contro una riforma priva di senso, che servirà solo a rinforzare un po' un morto che ancora cammina, il M5s. Tanto è vero che persino chi sostiene il Sì pensa già ad ulteriori cambiamenti necessari, perché da sola questa riforma non sta in piedi. Con una sconfitta del Sì sostenuto da Pd e 5Stelle, Salvini e il centrodestra si potrebbero intestare la vittoria del No. Se a ciò aggiungiamo un possibile 5 a 1 alle regionali, Salvini può dare scacco al governo e alla maggioranza giallo-rossa, dal momento che quasi tutte le regioni italiane sarebbero in mano al centrodestra. Questo governo, pur legale, sarebbe allora privo di qualsiasi legittimità: non avrebbe il sostegno dei territori e neppure quella del popolo se venisse bocciata la riforma costituzionale. Anche il Presidente della Repubblica dovrebbe tener conto di questo. Scacco matto?