Ma quale statista...

Luigi Di Maio, l'anti-casta dà lezioni di economia: "Da barricadero al vestito della prima comunione"

Antonio Castro

Dall'apriscatole per i palazzi del potere al vestitino da prima comunione per interpretare la parte dello statista economico a Cernobbio. Ci sarebbero da ripescare foto, dichiarazioni e minacce di qualche anno addietro per sventolarle sotto al naso dell'attuale ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che ieri ha calcato la passerella del Forum Ambrosetti di Cernobbio. Miracoli della politica che trasforma un barricadero anticasta in un apparente paludato diplomatico (senza aver svolto neppure un quarto d'ora di apprendistato), e poi pure in un simil economista. Miracoli, appunto.

 

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DA BERGOGLIO A GIGINO
 È forse il video messaggio di Papa Francesco che ha inviato ai convegnisti un videomessaggio perché il mondo si converta ad una svolta di solidarietà ad aver scaldato il clima più che altro virtuale del Forum Ambrosetti. Appena cento, tra imprenditori e manager, riuniti a Cernobbio sul lago di Como si sono interrogati su come «ripensare il modello economico». Se il pontefice invita ad aggrapparsi alla «creatività, come artigiani, forgiando percorsi nuovi e originali per il bene comune», Di Maio invoca una «collaborazione rafforzata internazionale, con particolare riguardo al sostegno a un multilateralismo basato su regole chiare e condivise e sulla centralità dell'Unione Europea». L'ex leader grillino prova a volare alto: «È nostro interesse», scandisce, «che siano ridefinite regole del commercio che favoriscano scambi equi ed evitino una nuova stagione di protezionismo». Salvo poi puntualizzare che l'Italia e l'Europa hanno «bisogno di crescita non di guerre commerciali». E poi «guardando al futuro» c'è da tenere conto dell'ampiezza e della complessità dei problemi posti dalla pandemia che «ci spingono a una revisione dell'agenda dell'Italia per una efficace diplomazia della ripresa. Un cambio di passo che non trascuri un ammodernamento dei processi multilaterali, regionali e nazionali a disposizione del nostro sistema Paese». Discorso valido oggi come ieri e domani. Senza un progetto da offrire ai manager e docenti invitati a godersi questa giornata di fine estate sul lago.

L'enormità delle problematiche in ballo fa apparire come marginale il ruolo del nostro continente, per non parlare dell'Italia. Nel bel mezzo di una nuova edizione della "Guerra fredda", declinata in maniera tecnologica fra Stati Uniti e Cina, ci relega in secondo piano. Secondo gli imprenditori ei top-manager presenti a Cernobbio il Covid-19 ha evidenziato, e non solo in Italia, un nuovo ruolo dello Stato nell'economia, molto più presente. Per il 46,9% dei partecipanti al televoto è un fenomeno destinato a «rimanere ma non ad aumentare». Per il 30,6%, invece, «verrà intensificato nei prossimi mesi», mentre il 20,4% lo reputa «un fenomeno di breve periodo e temporaneo». Grandi temi ma una mancanza di attenzione per le problematiche più impellenti. Come le competenze che non vengono coltivate.

 

 

MANCHIAMO DI COMPETENZE
«In Italia oggi ci sono 150 mila posti di lavoro nel mondo dell'information technology che sono vacanti perché non ci sono persone con le competenze per ricoprirli», ha sottolineato l'ad di Microsoft Italia, Silvia Candiani. Grandi teorie geopolitiche a parte, sono forse questi gli sprechi che il nostro Paese non «può permettersi, considerando che abbiamo un livello di disoccupazione, in particolare giovanile, molto alto». Ma Giggino ha trovato lavoro alla Farnesina. E quindi vola alto...