Il commento

Open Arms, Filippo Facci: deve pagare tutto il governo. Salvini a processo? Parlamentari cretini e giustizia modello-Palamara

Non siamo tra quelli che scrivono «torna Mani pulite» ogni tre secondi, però una cosa forse sta tornando: è il silenzio che circonda le storture giudiziarie quando riguardano gli avversari politici, con l'auspicio che ad altri - per esempio al Pd, ai renziani, ai grillini - certe cose non capiteranno. Poi però càpitano, prima o poi: ed ecco che i ruoli regolarmente si invertono. È anche così che la politica si è scavata la fossa: non comprendendo che sfruttare le inchieste penali per screditare gli avversari alla fine porta discredito a tutti, e siamo alla fine. Ora, nel caso, non occorre essere amici di Matteo Salvini per comprendere l'assurdità del suo caso, non occorre condividere il merito politico per stupirsi di un metodo giudiziario che corrisponde a processare un uomo (solo) per l'azione politica di tutto un governo.

Una cosa del genere può stupire solo un candido come Giovanni Tria, l'ex ministro dell'Economia del governo gialloverde, che ieri infatti ha detto così: «Per quel governo, l'azione di Salvini era interesse pubblico. L'informazione stava sui giornali, chi non era d'accordo poteva esprimersi: ma non mi ricordo che qualcuno si sia espresso La responsabilità è ovviamente collegiale, e tirarsene fuori dopo non è elegante». Per dirla male: se un ministro agisce pubblicamente, e a nome di un governo, ogni responsabilità sarà dunque del governo di cui lui fa parte. Non stiamo parlando di reati di sangue o di azioni cogitate di nascosto, isolate, private, ma di atti e di azioni - quelle di Salvini - sospinte da espliciti consensi all'interno della maggioranza. Quindi era un atto condiviso, come peraltro dimostrano le ordinarie concertazioni e i carteggi di Salvini col capo del governo e il ministro della Difesa. Qualcuno ha estratto una lettera di Giuseppe Conte che chiedeva delucidazioni e invitava Salvini a riflettere bene prima di muoversi: e allora? Pare normale, e comunque la lettera anticipava una piena condivisione governativa. Lo dimostra la prova contraria: se davvero fosse stata solo un'iniziativa personale, una responsabilità singola di Salvini, Conte e la sua maggioranza avrebbero potuto fermarla o chiedere le dimissioni di un ministro che era il loro.

 

OPPORTUNISTI
Ora però abbiamo un solo ex ministro (non un governo) accusato di sequestro di persona per aver trattenuto dei migranti a bordo di una nave circa un anno fa, abbiamo un solo ex ministro che dovrà affrontare ben due processi per sequestro di persona. È stata la terza volta che Salvini si è ritrovato a dover esser giudicato dall'Aula: in precedenza era accaduto per il caso della nave Diciotti e l'aula non aveva concesso l'autorizzazione. Che cos' è cambiato? Sappiamo, quanto a opportunismo, che i grillini sono quello sono: inutile prendersela. E il Pd? La speranza che qualche coscienza individuale addittasse questa stortura giudiziaria s' infrange contro la storia di un partito che, dal 1992, pur cambiando nome più volte, ha fatto dell'uso politico delle inchieste una specialità senza eccezioni. Il bello è che c'è anche poco da cavillare, qui: che l'azione di un governo sia collegiale, nel ragionamento della Procura di Agrigento, è un dettaglio politico-giuridico che è stato neppure sfiorato, ipotizzato; il dubbio che altri potessero essere iscritti nel registro degli indagati - diciamo così, in concorso - semplicemente non è esistito, e questo nel Paese del reati associativi per eccellenza, contestati di continuo - per molto meno - anche solo per il cosiddetto «concorso morale» ex articolo 110 del codice penale.

 

AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE
Il Parlamento non deve entrare nel merito delle imputazioni di una procura, lo sappiamo: ma chiedersi se una procura sia motivata da finalità ad hoc, ad personam, quello sì, deve farlo. È ancora suo dovere. Anche se l'ex guardasigilli Andrea Orlando (Pd) qualche anno fa propose di lasciare alla Consulta e non più al Parlamento il compito di occuparsi delle autorizzazioni a procedere e agli arresti dei parlamentari: disse che le autorizzazioni erano diventate «un anticipazione di giudizio di colpevolezza o di innocenza, comunque una valutazione politica». Peccato che l'immunità parlamentare sia stata introdotta proprio perché fosse oggetto di valutazione politica: altrimenti a che cosa doveva servire?

Certo, è anche vero che intanto in questi anni hanno abolito la politica, e che il livello dei parlamentari pigia-bottoni è sceso sotto la crosta terrestre: un cretino di onorevole disposto a leggersi mezza carta, oggi, non lo trovi più, e non trovi più uno che ne faccia una questione di merito, che giustifichi o meno l'esistenza di un'inchiesta sulla base del cosiddetto «fumus persecutionis», qualcuno che insomma si preoccupi che una qualsiasi inchiesta improbabile e delirante - e tante ce ne sono state - possa interferire con il mandato popolare. Non c'è più niente di tutto questo. C'è il nemico da abbattere. C'è la giustizia dei Palamara che mette le sentenze al posto delle schede.