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Vittorio Feltri e il ricordo di Marco Pannella: "Una giornata intera con lui? Un lento suicidio, era instancabile"
Qui di seguito pubblichiamo un articolo scritto dal direttore Feltri nel 1987 che racconta di un intero giorno passato con il leader dei Radicali Marco Pannella.
Punta Raisi per chi arrivi dal cielo ha l'allegrezza di un cippo funerario, ma, nella circostanza, mi sembra assai più entusiasmante della Cicciolina. Segnala il traguardo. Abbiamo fatto un volo pazzesco con un aereo cui mancano soltanto i pedali per essere un regolamentare giocattolo da luna-park. Mi aveva sempre fatto sorridere il Papa, che baciava la terra al termine dei viaggi; ora capisco quanto avesse ragione: non staccherei più le labbra dalla pista, una sensazione dolcissima, il piacere di rinascere. Sono le 18.30. Sto con Marco Pannella da undici ore e se ho i nervi logori credo di essere giustificato. Non avete idea di cosa sia capace quest' uomo che suscita odi ed amori esagerati. Stargli appresso una giornata equivale ad un lento suicidio. All'inizio, quand'ero fresco, avevo sostenuto con lui vivaci discussioni. Poi, sarà stata la trasvolata sul mare, tra momenti drammatici e scene alla Ridolini, ho ceduto.
Gli ho persino promesso, per sfinimento, che voterò per il suo circo. E pensare che m' ero immaginato un servizio tranquillo. La sveglia è alle 7.20. «Sono andato a letto alle 4», dice il capo radicale: «tre ore di sonno, in campagna elettorale, debbono bastare». Sfoglia i giornali e s' arrabbia subito con Scalfari. «Da quattro anni non mi metteva in prima pagina, stavolta mi dedica addirittura il fondo per darmi del fascista. Sa perché? Per la Cicciolina. Ci voleva la porno-star perché s' accorgesse che esistiamo. Tutti uguali i quotidiani. Per loro contano più le tette dei cervelli». Il Manifesto gli ha pubblicato un'intervista, se la legge d'un fiato con l'aria di uno che è a caccia d'errori. Non ne trova ed è contento: «Sono stati corretti, bravi».
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DISORDINE E SIGARETTE
Pannella, abruzzese di Teramo, non è sposato. Vive da single in una piccola casa di buon gusto che il disordine non rovina. Esce senza neanche fingere di sistemare qualcosa, i posacenere sono colmi, mozziconi cortissimi di Gauloises. Alle 9.15 siamo alla sede romana del Corriere, è atteso per il dibattito-graticola coi giornalisti. Non se ne fa un problema e lo affronta con la consueta spavalderia, sparando slogan e sentenze. Indossa un completo «blu metallizzato», camicia bianca e cravatta celeste, lo stesso abbigliamento col quale si presenterà a Tribuna politica. È disinvolto, gesti ampi da dominatore del palcoscenico. Sulle scale incontra un paio di persone che lo riconoscono e salutano, un po' sorprese di trovarselo lì; risponde con cenni del capo e la chioma canuta ondeggia solenne. Si va di fretta. Al gruppo del Pr, vicino a Montecitorio, sono impazienti di consegnargli l'agenda del giorno, che è fitto d'appuntamenti. Il prossimo è alle 12 con Ilona Staller per la registrazione di un programma Euro Tv.
La ragazza, intanto, esaurisce il giornaliero tour in via del Corso e in piazza Colonna; la macchina ogni tanto si ferma per consentire al popolo plaudente di toccare la porno-candidata che distribuisce baci e carezze. I numerosi fan si eccitano come militari dopo una lunga consegna, la guardano rapiti. Ipnotizzati. La diva ne approfitta: «Mi dai il voto, cicciolino?». Gli apprezzamenti si sprecano. Il più gentile:«Il voto? Solo quello? Ma a te te do tutto, anche l'anima de li mortacci». La base non sarà chic, però è spontanea. Il TG 3 Lazio reclama il rispetto di un'opzione per un servizio. Pannella e l'attrice ungherese acconsentono: colloqui sfibranti al microfono. Ed è la volta del TG 1, conferenza stampa. Marco è in forma, ha una battuta per chiunque, nei paraggi, gli rivolga la parola. «A Pannè, 'ndo sta' a bonona?». «In lista». «È vero che te la voi portà ar governo ar posto de la Falcucci?». «Sarebbe un passo avanti, no?». Un astante riflette ad alta voce: «È sempre mejo 'na Cicciolina che fa il ministro de 'na Falcucci che fa 'a Cicciolina». Telefonate, telex, telegrammi, prenotazioni di alberghi: un'ossessione. Il tempo è misurato. E, naturalmente, si salta il pasto: Pannella ci è abituato, il sottoscritto - che non ha nulla da rivendicare, né aspira a seggi - un po' meno. Pazienza. La prossima tappa è all'aeroporto dell'Urbe, via Salaria 825. Da qui partiremo per Palermo dove proseguirà la distensiva giornata radicale. Il raduno è davanti all'hangar dell'aeroclub. Il primo a presentarsi è Emilio Vesce, 48 anni, quello che grazie al teorema padovano si è fatto cinque anni e mezzo di galera, accusato - senza prove - di terrorismo e messo fuori per un rigurgito di dignità giudiziaria. È candidato nel Veneto e in Emilia, i pronostici lo danno per sicuro eletto. Auguri.
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IL JET PRIVATO
Arrivano gli altri: un inviato del Giorno e un giovanotto della «rosa» che tiene la cassa. È assente soltanto il leader. Sono le 16. Mi hanno promesso che viaggeremo su un jet privato, genere alta finanza, e sono sereno come a Linate quando ci si affida all'Alitalia (che ho prontamente rivalutato). Sul piazzale, intanto, hanno trascinato un modesto apparecchio dalle ali che fremono al soffio del Ponentino. Fa tenerezza, sembra quello di Antonio Locatelli. Un trabiccolo - penso - che useranno sulla rotta di Fregene per addestrare i piloti in erba. Un corno. È il nostro. Colto da malore, manifesto il proposito di rinunciare all'incarico: al Corriere capiranno. Ma non capisce Pannella che, giunto trafelato, senza indugi si tuffa a bordo con noncuranza come si trattasse di prendere la «circolare destra». E urla: «Annamo ch' è tardi». Fantozzianamente rassegnato, salgo. L'abitacolo è suppergiù quello di una «Ritmo» e pende a sinistra, la parte del super radicale. Un signore di mezz' età, che tutti chiamano «comandante Tatulli», siede alla cloche e avvia i due motori che rivelano una preoccupante svogliatezza, tossicchiano, sbuffano, cigolano.
I miracoli avvengono sul serio: il «cosino» decolla. Soffrendo - noi più di esso - prende quota. Sul volto di Tatulli leggo una moderata soddisfazione. Nonostante il rumore assordante, e gli oggettivi pericoli della situazione ambientale, Pannella discetta di politica: «La Dc? Se vince, e il Pci perde, ma i laici guadagnano, si rifà il pentapartito a condizione che De Mita si tolga dai piedi. All'avellinese conviene che il suo partito cali un po' e Natta tenga. I due colossi si sorreggono a vicenda, fingono di litigare, tuttavia si coccolano perché sanno che la forza dell'uno è la forza dell'altro e viceversa. Il loro nemico è l'agglomerato che va dai liberali ai socialisti; se acquista consistenza, addio Ciriaco e ciao Alessandro: nell'elettorato sparirebbe la paura del rosso e, a quel punto, chi più appoggerebbe il bianco?». Sarebbe un discorso interessante, da approfondire, se non fosse che l'oggetto che ci trasporta, pomposamente definito velivolo, ha abbandonato da un pezzo la terra sotto di sé e si è avventurato nel cielo opaco sul mare. Il panorama è disgustoso: acqua plumbea, orizzonte viola quaresimale, nuvole blu di tonalità identica al monopetto di Marco.
Vesce si appassiona alla perigliosa navigazione, l'inviato del Giorno ogni tre secondi si asciuga le mani, io precedo a un'intima commemorazione di me medesimo e considero con disappunto che, in caso di probabile sciagura, domani i giornali riserveranno un titolone a Pannella; e a noi, mezza riga di sommario: «Tra le vittime, un paio di cronisti e due collaboratori del battagliero esponente radicale». Nemmeno la consolazione di un'evidenza postuma. Imperversano raffiche di vento, un motore singhiozza, il comandante armeggia nervosamente sul quadrante, gira una chiavetta. Giuro che cadiamo. Mi volto: Pannella dorme, la bocca semiaperta. Una calma così in certi momenti è indisponente. Superiamo il temporale. Tatulli mi sollecita a guardare giù: «Vede là? È Ustica». «Grazie per l'informazione, è quello che occorreva per rilassarmi». Atterraggio perfetto, il pilota - bisogna dargliene atto - è un fenomeno. Sulla pista, una ragazza bruna, carina: «Svelti ragazzi, il comizio è fra mezz' ora». La macchina è pronta, portiere che sbattono, stridore di gomme: come nei film di Cosa Nostra. In effetti, sono di nuovo cose nostre: guida la bambina e non vi dico come, 190 all'ora, clacson pigiato, dallo scalo alla periferia di Palermo, sorpassi acrobatici a un centimetro dal guard rail. L'ideale per una ricreazione dopo la sfida aeronautica.
La tribuna è in piazza Politeama, traffico micidiale, slalom fra le auto. Non basta l'abilità della conducente ad assicurare puntualità all'oratore. Il quale, dato che la strada non si decongestiona, decide di proseguire a piedi, di corsa, fra la meraviglia della gente che lo riconosce e gli batte le mani. Onestamente, è più popolare di Gei Ar. Sul palco, braccia conserte, assiste severo Gaetano Azzolina. Il chirurgo in Sicilia è primo nella lista radicale e ha molti estimatori: applausi. Ma è Pannella ad assaporare l'ovazione massima. Strapazza il Pci che «corteggia i Verdi e a Roma, e a Vittoria, che è alle porte di questa città, esalta il sindaco comunista Monello, rappresentante ufficiale degli abusivisti dell'edilizia». Storie di soprusi Ma non trascura gli altri: «Tutti ladri. Hanno divorato le Usl, annientato la giustizia, saccheggiato le Regioni. Partecipano in massa alla lottizzazione e si abbuffano. I radicali, poiché non hanno le mani pulite e nessuno può accusarli di furto, sapete come li liquidano? Dicono che sono buffoni. Meglio buffoni che criminali». Il comizio dura un'ora e mezzo. Le invettive pannelliane sono una goduria per la cospicua folla.
E quando il leader scende dalla traballante impalcatura, quasi lo portano in trionfo. Ma ha altri impegni e fugge fendendo i capannelli degli aficionados. Ovunque vada, qualcuno lo blocca: uomini e donne che gli raccontano storie di soprusi, i ragazzi dell'Isef pretendono che ascolti i loro guai, e così frotte di pensionati, ex carcerati, disoccupati. Vedono in lui una specie di difensore civico. Anche coloro che non votano per la «rosa» ritengono che egli sia l'unico ad avere il coraggio di protestare, d'andare controcorrente. «Marco- gridano - non ti fare schiacciare pure tu dai potenti». Schiacciarlo? E chi ci riesce? Eccolo a Canale 21, e sono già le dieci. Tiene il pallino fino alle 23.30. «La mafia esiste - declama dal video -. Ne esistono parecchie. E la più ingorda, la peggiore, è quella che sta a Roma nei palazzi ministeriali». I telefoni dell'emittente privata squillano senza requie. Ma lui è schizzato via. È a Sicilia 1, altra tv, e ripete invettive, attacchi feroci a destra e a manca. Inesauribile. La mezzanotte è trascorsa da molto. Non ne posso più. Quelli del seguito, distrutti. Non s' è mangiato, non un caffè, non una bibita. Ma chi glielo fa fare, onorevole? Mi risponde aggrottando la fronte: «L'indolenza degli altri». E riparte con l'aereo. Ancora un aereo giocattolo «perché costa di meno».