Accerchiamento totale
Giuseppe Conte costretto a inginocchiarsi ai pm. Senaldi: ora anche la Chiesa e i giornali lo mollano
Conte oggi sarà interrogato dai pm di Bergamo sul perché il governo non ha fatto la zona rossa nei comuni orobici di Alzano e Nembro, malgrado i medici locali, sostenuti dalla Regione Lombardia, l'avessero chiesta, dichiarando l'esplosione della pandemia. La Procura indaga per epidemia colposa. Il premier, e con lui l'intera maggioranza giallorossa, da mesi provano ad addossare sul governatore Fontana e la sua Giunta ogni responsabilità, un po' per nascondere le proprie, un po' per screditare Salvini e la Lega. Hanno accolto l'inchiesta come manna dal cielo ma ora essa si sta rivelando un boomerang, perché la Regione ha tirato fuori le carte e ricostruito i fatti come andarono. Lorenzo Mottola si incarica, nell'articolo di apertura del giornale, di spiegare ogni dettaglio. Qui affrontiamo le conseguenze politiche dell'azione dei pm. Il premier oggi sarà costretto a inginocchiarsi davanti alla dottoressa Maria Cristina Rota, titolare dell'indagine, perché la sua sorte passa molto dalle decisioni della signora. In Italia un avviso di garanzia non si nega a nessuno.
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Qualora arrivasse, il provvedimento darebbe l'occasione a M5S e Pd, parecchio infastiditi dal progetto del premier di farsi un proprio partito e dalla sua abitudine a considerarli poco, di liberarsi dell'ingombrante foggiano. Il quale, a furia di far tutto da solo e di concentrare ogni riflettore su di sé, si è ritrovato accerchiato e mezzo nudo. Manca solo una piccola spinta dei magistrati per farlo cadere come già capitato a tanti suoi più nobili predecessori. Contro il premier si sta saldando un fronte trasversale, che parte da Confindustria e i ceti produttivi per arrivare ai partiti di opposizione e maggioranza, agli intellettuali, ai cosiddetti poteri forti e finanche ai cittadini semplici. I sondaggi danno il gradimento del governo Conte in crollo, al 34%. Mercoledì all'ora dell'aperitivo poi, il professore ha avuto il suo primo bagno di fischi. Uscito per un caffè, ha sfilato tra la folla sotto Palazzo Chigi. Si aspettava applausi, si è sentito urlare «Dove sono i soldi?» da chi ha un lavoro o l'aveva e «Buffone, buffone» dagli studenti. Nulla di organizzato, ma il dissenso spontaneo fa ancora più male; e non è solo questione di vanità.
SETTIMANA ORRIBILE
La settimana orribile del premier lo ha visto oggetto delle critiche anche del suo maggiore sponsor. I vescovi hanno bocciato la legge anti-omofobia che la maggioranza ha in cantiere, giudicandola inutile, quindi fanatica, perché il nostro ordinamento già prevede strumenti idonei a difendere i gay. Un brutto smacco per il premier, che già aveva perso santi in paradiso quando decise di tenere chiuse le chiese più di quando il Vaticano gradisse. Il vento intorno a Conte è cambiato. Basta leggere i giornali che l'hanno a lungo sostenuto per capirlo. Ieri il Corriere della Sera pubblicava un editoriale nel quale Sabino Cassese, reputato autorità giuridica e morale del Paese, accusava il governo di «azioni incoerenti», «accentramento senza rapidità d'azione», «stile leaderistico senza leader». Inoltre rimproverava al premier di aver voluto degli «Stati generali passerella» per «sentire molti ma non ascoltare nessuno». Critiche molto simili a quelle mosse da Salvini, Meloni e Forza Italia quando hanno annunciato che non saranno della partita perché non vogliono fare le figurine. Con il nuovo corso, pure Repubblica ha mollato il governo. E il nuovo direttore della Stampa, Massimo Giannini, domenica apriva il suo editoriale replicando a Conte. Il premier aveva detto che «gli italiani si meritano un sorriso». Il giornalista gli ha risposto che «c'è poco da sorridere e nulla da festeggiare, giacché non si capisce in cosa dobbiamo sperare». Seguiva una raffica di dati impressionanti sui fallimenti economici e le promesse mancate del governo.
DELUSIONE AL COLLE
Nessuno perdona a Conte di aver maltrattato Colao; soprattutto non ha gradito il Quirinale, che aveva sponsorizzato il manager. Il super commissario ha prodotto 102 idee per far ripartire l'Italia e il premier non ne ha sposata neppure mezza. Forse perché la ricetta è più di destra che di sinistra; ma qui la scelta è se far rialzare il Paese o lasciare seduti sulle loro poltrone il presidente del Consiglio e i suoi ministri, i quali se la devono vedere anche con Confindustria, che ormai è la principale opposizione al governo. Da che è stato eletto, il presidente Bonomi non fa che dire che urgono cambiamenti radicali e che la politica sta facendo più danni del virus. Ieri gli ha fatto eco il presidente degli industriali lombardi, Bonometti, rimproverando all'esecutivo di «aver fatto poco per fronteggiare la crisi» e prevedendo «decenni di disastri se il governo non cambierà politica industriale». Tasse alte, investimenti scarsi, burocrazia paralizzante, l'elenco delle doglianze è sempre lo stesso. Carico di accuse, non solo penali, oggi Conte ha una sola possibilità. Mettersi a mani giunte davanti alla pm Rota come se fosse di fronte a una statua di Padre Pio e pregarla di essere graziato.