Lettera
Vittorio Feltri, la lettera di Giovanni Nostro: "Il Sud è meraviglioso, dobbiamo solo imparare a valorizzarlo"
Caro Direttore, un vecchio adagio recita «non tutti i mali vengono per nuocere» e mi scuserai se, rivolgendomi a te con un affettuoso, ma al contempo rispettoso, tono confidenziale, prendo in prestito questo proverbio per rispondere alla tua esternazione «i meridionali sono in molti casi inferiori», appesantita ancor di più dal contesto temporale in cui è stata pronunciata e dal momento storico devastante per l’intero pianeta e per la “nostra amata Italia” in particolare, impegnata, negli ultimi mesi, quasi esclusivamente, in una lotta senza quartiere contro un nemico subdolo, silenzioso e devastante che miete vittime senza distinzione di sorta e senza confini regionali e nazionali.
Ti confesso che sono tra quei cittadini calabresi (rectius italiani) che hanno pianto nel vedere il passaggio dei camion militari che sfilavano nella tua (rectius nostra) Bergamo, portando via più di trecento bare di cittadini (rectius nostri fratelli) bergamaschi, caduti per mano del comune mortale nemico. Ho pianto e idealmente accarezzato una per una tutte quelle bare.
Ecco perché caro Vittorio la tua infelice esternazione, invece di suscitare in me il sentimento di sdegno che, non me ne vorrai, meriteresti senza se e senza ma, diventa invece un momento di riflessione ad alta voce tra noi terroni e te, illustre cittadino lombardo di cui, credimi, tante volte ho condiviso il pensiero e l’idea socio-politico-economica. Ed allora mi sono calato all’interno delle ragioni che ti spingono a definirci “inferiori”, tralasciando gli stereotipi comuni, che ormai le cronache quotidiane consegnano e radicano, ahimè, sempre più nel nord Italia ed in particolar modo nella ricca e opulenta pianura padana e in quella “Milano da bere” che, anche per sua disattenzione, oggi sta pagando il prezzo più alto in termini di vite umane.
Vedi Vittorio, sono nato a Roma, ma ho sempre vissuto nella mia amata Gioia Tauro (Rc) fino alla laurea in giurisprudenza conseguita presso la rinomata università di Messina, la patria di Puliatti e Falzea, tanto per citare due dei padri del diritto positivo italiano. Amo la mia terra, la mia Calabria, più di ogni altra cosa al mondo e anche se abito a Roma da più di vent’anni, non c’è giorno, credimi, in cui il pensiero non corra lì, tra la mia amata gente, lì dove lascio sempre il mio piccolo-grande cuore, lì dove riposa mio padre, lì dove sono cresciuto e dove giorno dopo giorno, in una terra difficile e osteggiata da tutti, sono andato alla riscoperta dei tanti lati positivi, che, ti posso assicurare, non basterebbe un libro intero per elencarli tutti. Lì dove il “diritto al lavoro” è miseramente e vergognosamente negato e con esso il diritto naturale di farsi una famiglia e mantenerla onorevolmente, lì dove sogni, speranze, paure, aspettative e aspirazioni sono comuni ad ogni ragazzo e ragazza da Agrigento fino a Bolzano. Lì dove lo Stato ha clamorosamente fallito nel non capire che la mafia si combatte con il lavoro, che il lavoro necessita di infrastrutture che mettano il sud in condizione di competere nei mercati nazionali ed esteri, che la gente del sud è gente fiera e laboriosa, che il lavoro al sud rende profumato finanche il sudore.
Ecco Vittorio, queste e tante altre ancora sono le ragioni che principalmente permettono ancora oggi di far dire alla gente del nord (rectius fratelli italiani) che “noi del sud“ siamo inferiori, così come inferiore è certamente (quella si!) la nostra sanità, che quasi sempre ci costringe non solo a lasciar andare via le nostre migliori “intellighenzie professionali”, che rendono grandi e famosi gli ospedali settentrionali ed esteri, ma che ancora oggi ci costringono “ai viaggi della speranza”, quando le condizioni economiche e il grande cuore dei “compaesani” che partecipano alle spese te lo permettono.
Eppure nonostante il nostro essere inferiori, i nostri medici, i nostri infermieri, i nostri volontari hanno risposto entusiasticamente e senza indugio alla richiesta di aiuto dei fratelli del nord, correndo a braccia aperte forse anche a morire in prima linea, lì dove il nemico lo si affronta faccia a faccia, senza la coppola in testa e la lupara sottobraccio, come evidentemente pensi vadano ancora in giro le persone da Napoli in giù, ma con la stessa paura, lo stesso coraggio e il nostro inimitabile cuore proteso interamente verso quei nostri fratelli “esseri superiori” come dovrei definirli io parafrasando il tuo erroneo ragionamento su noi “inferiori del sud”.
Però un errore lo abbiamo commesso anche noi meridionali, lo confesso, quello di non aver, colpevolmente e per troppo tempo, saputo raccontare il nostro meraviglioso sud, che tante troppe volte è stato frettolosamente bollato in termini negativi e riduttivi e che invece, se conosciuto, sa restituire interamente il gusto dei sapori delle nostre regioni e la fierezza di una gente che non è più lo stereotipo dello sconfitto che accetta passivamente il proprio infausto destino, ma al contrario, nella naturalezza delle proprie origini e nella passionalità natia, racconta una terra che faticosamente sta tentando di rialzare la testa verso la crescita sociale, senza mai dimenticare che la testimonianza di un popolo passa necessariamente attraverso l’esaltazione della propria terra intesa come colori, gusti, sapori, dialetti, valori e tradizioni. Sta a noi meridionali adesso il compito di preservare e pubblicizzare l’immenso patrimonio naturale e culturale che possediamo, sta a noi adesso continuare quella crescita sociale e morale di cui il sud non può e non deve più fare a meno, se veramente vogliamo che quella frase che nel film “Benvenuti al Sud” faceva dire al bravissimo attore napoletano Alessandro Siani «quando vai al sud piangi due volte, la prima quando arrivi e la seconda (la più importante) quando parti» abbia veramente un significato vero e un senso compiuto.
Ed allora caro Vittorio, invece di definirci “inferiori”, vieni al sud a trovarci quest’estate (vorrebbe dire che il comune nemico è stato sconfitto), o quando sarà possibile, ti accoglieremo, senza coppola in testa e senza lupara sottobraccio ma al contrario a braccia aperte, con il sorriso e con la nostra inimitabile ospitalità, per farti conoscere le bellezze del creato e ancor di più la generosità autentica della nostra gente, a cui se veramente vuoi chiedere scusa per l’errore commesso (errare humanum est) regala la tua popolarità per combattere insieme a noi la battaglia della rinascita, del riscatto sociale ed economico del sud, combatti insieme a noi italiani del sud esattamente come i nostri medici, i nostri infermieri e i nostri volontari, stanno facendo oggi per i nostri fratelli italiani del nord. Aiutaci a rendere grande il sud così come fanno ogni santo giorno, da decenni, i figli del sud che lavorano e vivono al nord, nonostante quel perenne sospiro nascosto e quella lacrima furtiva, pesante come un graffio al cuore, ogni volta che il pensiero raggiunge il cuore nella propria e amata terra natia.