Che gran bella soddisfazione morire guarito
Gentilissimo Mainiero, mi chiedo quali origini abbia il debito pubblico italiano, cioè quali ne siano le cause e quali rimedi si possano ipotizzare affinché gli effetti collaterali della terapia non siano letali. Potrebbe non essere trascurabile il rischio che per guarire il malato da un’infezione si uccida l’agente infettivo, ma insieme anche il paziente, la cui unica soddisfazione sarebbe quella di morire guarito. Lei che ne pensa? Omar Valentini Salò (Brescia) Penso che l’Italia è al pronto soccorso: malata grave, ma nessun pericolo di morte. Vivremo. E vivremo perché ci siamo noi, noi che abbiamo accettato con pazienza e dedizione alla causa il rincaro delle accise, l’Imu, l’Iva, la riforma delle pensioni e tutto il resto. Noi che lavoriamo e portiamo avanti la baracca. Lo dissero pure ad agosto, in piena crisi finanziaria. Lo dissero a destra e a sinistra, vantandosene: l’Italia è un Paese ricco, non fallirà. La ricchezza era la nostra. Il tentativo loro (cioè dei politici) era quello di fregarcela. In parte ci sono riusciti: furto con destrezza. Al quale, se le cose dovessero continuare ad andar male (e qualcuno già fa i conti del male prossimo venturo), seguirà un nuovo furto o furtarello sotto forma di ennesima manovra correttiva. E veniamo a noi: il debito pubblico è frutto, prevalentemente, degli anni della spesa facile, anni in cui si pensava (soprattutto per tornaconto elettorale) che soltanto costruendo opere pubbliche inutili, facendo cadere finanziamenti a pioggia sull’intera Penisola, concedendo infiniti regali statali, si potesse assicurare una crescita decente. Il rimedio, ovviamente, è il comportamento opposto: ridurre la spesa, eliminare regali e finanziamenti inutili, snellire, liberalizzare (sul serio, non a parole), privatizzare e utilizzare le risorse recuperate per cominciare ad abbattere il debito pubblico. In contemporanea, varare riforme decenti, e non quel facsimile di riforma (tanto per fare un esempio) che è il nuovo-vecchio articolo 18. In breve: il mercato del lavoro (termine orrendo ma in voga) come tutti i mercati ha bisogno di certezze. In entrata e in uscita. Il governo Monti ha varato la sua riforma e le incertezze rimangono su un versante e sull’altro. E l’Italia rimane in pronto soccorso. Con una fortuna: infermieri e medici siamo noi. Ce la faremo, caro mio. Con le medicine e al prezzo che ormai tutti conosciamo. mattias.mainiero@liberoquotidiano.it