La riforma che i prof non vogliono

Mattias Mainiero

Gentile Mainiero, l’Università ha molte colpe ma gli studenti ne hanno di più: la metà degli iscritti è fuori corso e il 60% di essi non si laureerà mai. Gli italiani forse non sanno che le tasse universitarie coprono un terzo del costo di ogni studente. Il resto lo paghiamo noi. Una proposta: abolire il fuori corso o almeno far pagare a loro il costo reale della permanenza all’università. E non si tiri fuori il discorso degli studenti lavoratori: sono meno dell’8% degli iscritti. Molti perditempo sarebbero costretti a cercarsi da subito un’occupazione. Prof. Francesco Vittorio Costa Università di Bologna e.mail Ottima idea. Su una cosa, però, non sono d’accordo con lei: gli studenti non hanno più colpe dell’università, così come i figli non hanno più colpe dei genitori. I giovani sono giovani, non possiamo pretendere che si travestano da adulti e scrivano quelle regole che i più anziani non vogliono o non sanno scrivere. E la regola fondamentale, la madre di tutte le riforme, è l’abolizione del valore legale del titolo di studio. La seconda è l’innalzamento delle tasse universitarie, per tutti, studenti in regola e fuori corso, concedendo, però, a chi è economicamente più svantaggiato, la possibilità di accedere a vere borse di studio, regolate dal merito e non dalla raccomandazione. Lei insegna a Bologna, prestigioso ateneo. Non mi venga a dire che una laurea conseguita a Bologna è la stessa di una presa a Canicattì. Non mi dica che i soldi investiti per studiare laddove si studia meglio equivalgono a quelli spesi per frequentare un ateneo di second’ordine. E non mi dica che queste cose i professori non le sanno. Le sanno eccome, ma pensano ad altro, a se stessi, a tirare a campare, a non perdere i privilegi. Ci sono professori, molti professori, che una volta vinto il concorso e saliti in cattedra fanno di tutto fuorché i professori. Non fanno ricerche, non producono lavori. Appena possono, evitano persino di fare lezione. Vivacchiano a spese dell’università e dello Stato, così come tanti giovani vivacchiano a spese delle famiglie. Siamo adulti, caro professore, siamo genitori. Sappiamo che l’esempio è la prima forma di insegnamento. E allora diamolo, questo buon esempio: premiamo affinché il governo faccia le riforme. Vedrà: una volta messo in moto il meccanismo, anche i giovani saranno, forse loro malgrado, costretti a cambiare. Almeno un po’. Visti i genitori che hanno, non possiamo certo pretendere che facciano miracoli. mattias.mainiero@liberoquotidiano.it